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Channel: Psicosi Collettiva – Il Portinaio
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INTERVISTA A FRANCESCO BIANCONI (Per mia zia: è il cantante dei Baustelle)

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Quando il mio webmaster va via per uno dei suoi lunghi week end, tocca a me badare al suo gatto e cercare di tenere in vita le striminzite piantine che tiene sul balcone.
Impossibile dire di no, pena la possibilità di un’improvvisa caduta del sito o il crash del back-up dell’archivio.
Fare il cat-sitter comunque è semplice: aspetti le fusa, riempi la ciotola di crocchette, controlli se la lettiera è pulita e poi saluti e baci. E alle piantine serve solo qualche bicchiere d’acqua.
L’ultima volta però è successa una tragedia.

“Portinaio dove sei?”
“Sto mangiando una pizza con i miei amici”
“Ci sarebbe un problema”
“Te lo dico subito. Io non lo voglio il gatto, va bene curarlo ogni tanto, ma perde troppi peli e poi si fa le unghie sul divano e io sto ancora pagando le rate a Chateau d’Ax”
“La mia casa sta bruciando”

La prima cosa che ho pensato è stata: “Adesso daranno a me la colpa e dovrò passare il resto della mia giovinezza in carcere”
Poi ho visualizzato il povero gatto morto abbrustolito.
Alla fine sono tornato sulla terra e sono corso subito lì.
Quando sono arrivato i pompieri erano già sotto casa, ma più delle fiamme altissime che minacciavano anche il balcone del piano superiore, impressionava la folla intenta a immortalare la scena con i telefonini.

“Chissà se si è salvato… lo conoscevo solo di vista, ma mi piacevano le sue canzoni”
“Tranquilli, sono il cat-sitter: per fortuna il proprietario di casa è via … ma nessuno in quella casa scrive canzoni”
“No, è al piano di sopra che vive un cantante famoso”
“E chi è ?”

Francesco Bianconi l’ho conosciuto così. Mentre fuggiva da casa sua.
Il nuovo album dei Baustelle s’intitola L’amore e la Violenza e ho chiesto a Francesco di concedermi un’intervista.

l'amore e la violenza
Era da un po’ che sul mio blog sentivo il bisogno di alzare il livello, affrontare temi pregnanti, esplorare nuovi territori semantici. E confrontarmi con la complessità interiore di uno degli autori più colti della nostra scena musicale, mutuandone il gusto per la citazione e lo stile aristocraticamente demodè, mi sembrava un’ottima occasione.
 Cosa sto dicendo?????? 😛
Per preparare le domande mi ispiro a un vecchio numero di Cioè recuperato a casa di quell’accumulatrice compulsiva di mia cugina.

“Tu da piccolo leggevi Cioè?
”
“Non l’ho mai letto, ma c’erano delle mie amiche che lo compravano e lo conoscevo per quello. Io compravo fumetti tipo Tex”

“In quegli anni andava molto anche il Monello. Te lo ricordi?
”
“Sì, certo, c’era il Monello, che parlava anche un po’ di musica. Sto pensando al 1985… Mi ricordo che ascoltavo esclusivamente Franco Battiato, anche perché la musica dell’epoca mi sembrava tutta brutta. Molte cose di quel periodo le ho rivalutate soltanto più tardi. 
Mi piaceva soltanto Battiato e cose che ascoltavano i miei genitori: i Beatles e la musica con le chitarre degli anni Sessanta e Settanta. 
La voce del padrone  fu un successo pazzesco perché era una cosa stranissima per l’epoca e Battiato non aveva propriamente i tratti distintivi della popstar”

“Ma non ti da fastidio quando dicono che gli assomigli?”
“
No, per me è un complimento. Ho iniziato ad ascoltarlo che avevo solo 6 anni e mi sembrava figo solo lui. Poi crescendo ho cominciato a comprendere veramente le sue qualità e la sua genialità.
 È come se me ne nei fossi nutrito e avendolo ascoltato e amato tanto, credo possa capitare che nelle cose che faccio qualcosa ritorni”

“E in quegli anni guardavi i cartoni animati?”
“Beh sì. Io sono del 1973 quindi sono finito in pieno nell’invasione dei cartoni giapponesi. Ricordo perfettamente la prima volta che Heidi venne trasmessa alla Rai. Mi sembrava così strana: era chiaramente per un target femmina, ma la guardavo lo stesso perché era diversa dai cartoni a cui ero abituato. Poi Goldrake, cazzo! Mazinga, Jeeg Robot. Completamente flashato: Battiato e i robot!” (ride)

“Alcune sigle erano molto belle”
“Bellissime. In alcune c’era di mezzo Vince Tempera, musicista, tastierista, arrangiatore. Ha suonato con Battisti, è stato nella band di Guccini per una vita. È lui che ha composto Ufo Robot, la sigla di Goldrake. Gli ha svoltato la carriera, credo (ride). Tra l’altro ho visto un filmato di Guccini in concerto dove lo presenta come il famosissimo – Vince Tempera di Goldrake – e gliela fa suonare”

“In Giappone spesso sono i cantanti famosi che cantano le sigle, qui in Italia non capita quasi mai
”
“L’ha fatto Vecchioni con i Barbapapà.  All’asilo di mia figlia c’è stato un anno tematico dedicato ai Barbapapà solo perché lì andavano anche le nipotine di Vecchioni. Alla fine scheletri nell’armadio e peccati di gioventù tornano sempre indietro”

“C’erano gli Oliver Onions, che hai citato nel nuovo album”
“Ovvero Guido e Maurizio De Angelis, bravissimi. Dei melodisti eccezionali. Gli Oliver Onions però facevano dichiaratamente le sigle, non avevano pretese autorali come Vecchioni. All’epoca Vecchioni faceva le sue cose, scriveva per altri e magari questa cosa dei Barbapapà è arrivata perché l’hanno chiamato. Magari l’ha fatto per motivi – alimentari – chissà. Però sono contento che abbia accettato, è una sigla a suo modo psichedelica”

“In questo numero di Cioè ci sono delle interviste palesemente finte. Mi piacerebbe partire da queste domande che sembrano stupide, ma che magari possono sfatare il mito che tu sia ombroso e snob
”
“Io parto dal presupposto che chi fa questo mestiere deve mettersi nella condizione di pensare: «Che dicano un po’ quello che cavolo vogliono!». 
Soprattutto adesso, in questa dimensione così social che tutto il mondo ha abbracciato, la reazione del pubblico a quello che l’artista fa è immediata, diretta, appassionata e accanita. 
Quello che una volta era il pubblico adesso sono amici tra virgolette.  È come se avessi tanti ‘amici’ o tanti ‘nemici’ ”

“E soprattutto questi – amici – e – nemici –  li puoi identificare
”
“Sì è vero. In più hanno il coraggio di dirti cose bellissime o bruttissime, ma lo fanno solo perché internet, questa grande famiglia democratica, li fa sentire ‘protetti’. Non è come se te lo dicessero in faccia al bar. 
Io sono cresciuto in un paese piccolo, di provincia, dove se andavi al bar ti prendevi la responsabilità di quello che dicevi e poteva accadere anche di prenderti un pugno”

“Ma ti offendono le critiche?
”
“No, come ti dicevo prima chi fa il mio lavoro, chi diventa un personaggio pubblico deve accettare critiche e i complimenti”

“Io intendo proprio le offese, non le critiche”
“Il passo fra la critica e le offese è diventato breve. Le offese fanno parte del tono del discorso dell’epoca in cui viviamo, proprio perché si è protetti dietro lo schermo del computer. Vent’anni fa non ti avrebbero detto cose tipo «Maledizione, i Baustelle non valgono un cazzo e hanno successo», se lo sarebbero tenuti dentro . Adesso invece te lo scrivono sotto il video che pubblichi. Si sentono autorizzati. È l’autorizzazione dell’insulto. Ma va bene. Io non rispondo mai”

“Quindi sei snob o no?
”
“Mi sento snob nel senso più nobile del termine. Snob perché dichiaro di non voler giocare a questo gioco a cui tutti giocano. Anche in molte canzoni del disco nuovo esce fuori questo mio sentimento. 
Spesso sento di non essere bene in sintonia con il mondo. E nel dichiararmi fuori dai giochi, non c’è desiderio di autoannullamento o di rinuncia.
È una cosa positiva. Come dire: «No, non voglio giocare, voglio un gioco migliore, un mondo migliore, un desiderio più alto». 
E questo, unito a una naturale timidezza e riservatezza di carattere, può essere interpretato come snobismo.
 Ma è uno snobismo alto, intendiamoci” (sorride)

l'amore e la violenza
La conversazione si sta facendo densa… Forse è meglio se torniamo alle domande di Cioè prima che il pubblico passi a “Orrore a 33 giri”.

“Dimmi la tua taglia
”
“Porto la 46. Anche se la giacca può essere una 44”

“Te lo chiedo perché ho letto su Il Fatto Quotidiano questa critica al tuo aspetto:

baustelle michele monina citazione

“Quindi dicci: ti vesti da bohemien?”
“Sono sempre vestito uguale, mi vedi, no? E non so che cosa significhi vestirsi da bohémien

“Forse è anche perché con jeans larghi e una felpa non staresti molto bene”
“
Probabile”

“Non voglio dire che non devi indossare una felpetta, però magari è la tua costituzione fisica che ti obbliga a vestirti così. Diciamola: sei magro e alto. La tuta non va bene!
”
“Questa cosa del vestirsi è una roba complessa a cui rispondere. Perché ci si veste in un certo modo? Perché certe cose ci piacciono e altre no?”

“C’è chi sceglie vestiti per coprire i difetti
”
“Sì. A volte i vestiti diventano strategici.
 Nonostante io sia un narciso – sennò non avrei fatto questo tipo di mestiere – dentro una boutique ci sto il minimo indispensabile. Vorrei avere tutto già pronto senza dover sottopormi a prove, provini e commessi”

Bianconi mi racconta delle scarpe che indossa sempre: degli stivaletti che sono quasi una sua protesi. 
Mi dice che quando li ha visti gli sono così piaciuti che ne ha comprati diverse paia. E – confermando un motto di mia nonna – preferisce consumare le vecchie scorte prima di comprare cose nuove.

“Dimmi che hai almeno un paio di scarpe da ginnastica
”
“Sì, certo! Ma le metto solo per fare quel minimo di sport. Anzi, ora non le metto più: faccio nuoto”

baustelle
Prendiamo nota: Francesco Bianconi pratica il nuoto: uno sport democratico e completo, non borghese e snob come il golf!

“Il posto di villeggiatura preferito?”
“
Castiglione della Pescaia, perché è legato alla mia infanzia. I miei hanno una casa lì e ho dei ricordi bellissimi”

“Per i fans più morbosi: il tuo colore?
”
“Nero”

“Lo sai che sfina
”
“È anche annullamento! La morte dei colori” (ride)

“La stagione?
”
“Ultimamente è l’estate. Per semplici questioni di invecchiamento e salute nel periodo a cavallo tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate  il mio corpo sta meglio”

“In effetti Pinarella di Cervia a fine Maggio è uno spasso! 
Certo che in estate tutto vestito di nero chissà che caldo”
“Lo so. Ma vuoi mettere la soddisfazione di essere, almeno in vacanza, contro il mondo e contro la vita?”

“Il tuo passatempo domenicale”
“
Stare con mia figlia, vedere film con mia figlia, cucinare e passeggiare”

“L’eta migliore?”
“
Non sono mai stato giovane come adesso. Ho 43 anni e rispondo 43”

“Personaggio storico?”
“
Questa è difficile”

“Sii colto e snob ti prego”
“
Ho sempre ammirato Attila, il re degli Unni. È dipinto come un selvaggio, cattivo e feroce: dove passava lui non cresceva più l’erba. Mi affascinano i personaggi spietati e crudeli, forse perché vorrei anche io esserlo.
Anche se poi, stando a ciò che la storia racconta, anche Attila ebbe dei cedimenti.
Pare che prima di arrivare a Roma fu raggiunto dal Papa. Ci fu un colloquio fra di loro. Nessuno sa cosa si siano detti, ma poi Attila decise di ritirare le truppe. Personaggio interessante”

“Lavori precedenti
”
“Ho fatto l’editor per una casa editrice che pubblicava varie riviste. Io lavoravo per quella di giardinaggio. Non di botanica, di giardinaggio, roba per casalinghe.
Poi vennero gli anni del boom del vino e il capo volle creare una rivista che parlasse di enologia in maniera semplice. 
Però quel linguaggio non funzionava. Semplificare troppo significava togliere fascino al vino e non si può far smettere di sognare i lettori. So che è una roba bieca da dire però in tanti comprano cose per sentirsi parte di un mondo che li esclude. È un concetto di classe, marxista, ma continua a essere vero”

“Il sogno nel cassetto?
”
“Fare il regista di un film horror. Di quelli belli però”

“Con gli effetti speciali?”
“
Non necessariamente. Mi piacciono i film gialli e thriller che si facevano in Italia negli anni Settanta…sono un grande fan di Dario Argento. Quello che conta è la visione, la sceneggiatura, la regia. Si può far paura e inquietare anche senza effetti speciali”

“Con chi canteresti in coppia?
”
“Con Jane Birkin. Sono un suo grande ammiratore. Anche del suo defunto compagno Gainsbourg, lo sanno tutti ormai. Canterei pure con la loro figlia Charlotte, visto che ci siamo (ride).
 Ma canterei con tante persone”

“Italiane?
”
“Con tutte le grandi voci: Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni, Milva. Scrivi che sono un grande fan di Milva!
Se penso alle colleghe giovani mi piace Malika Ayane. Molto”

“La malattia più temuta?
”
“Credo la vecchiaia. Temo la sofferenza in generale e invecchiare può dare molta sofferenza, fa soffrire anche chi ti sta accanto. C’era una canzone di Jacques Brel che diceva «C’è questo, questo e questo ma invecchiare…»”

“Il più simpatico e il più antipatico”
“
Fammi pensare…i più simpatici sono Paperino e Buster Keaton. Il più antipatico è Topolino. Solo Topolino. Perché gli antipatici in carne e ossa alla fine mi stanno simpatici”

“Sono ormai trenta minuti che parliamo. Ti stai divertendo?”
“Certo. Viva le interviste di Cioè!”

“Siccome sono Portinaio, sono andato a scovare i commenti più velenosi del web. 
Ti va se li leggiamo insieme?”
(Per non violare la privacy ho dato nomi di fantasia agli “haters”, ma proprio nomi di fantasia)
Elsa di Frozen dice:

baustelle fanno cagare
“C’è del velato lesbismo, in questa dichiarazione” 😛

“Romualdo di Fantaghirò domanda:

baustelle
“Questo devo dire che è onesto. Non fa parte degli insulti. Mi piace. Sa di non sapere. Molto filosofico”

Raperonzolo dice:

baustelle commenti
“Significa semplicemente che non gli piacciamo. Trovo anche questo commento molto elegante. Cara amica ti capisco, come dicevo prima anche io nel mio disco canto questa sensazione”

Rocky Balboa afferma:

baustelle commenti
“Si riferisce alla mia voce? Strano. Posso essere tecnicamente non perfetto, ma stridulo no. Almeno un po’ di pasta e morbidezza il mio timbro li ha. Sul prudere mi sembra esagerato. Che vuol dire? Mi vuole picchiare? Anche io ho sempre più voglia di menare, ultimamente. Balboa, incontriamoci, facciamo a cazzotti. Vinci tu di sicuro”

“Frodo della Terra di mezzo fa riferimento a QUESTO articolo sempre del Il Fatto Quotidiano:

baustelle de andrè

“
Credo si riferisca all’articolo di Michele Monina sulla canzone Lili Marleen, dove si dice che buttiamo testi alla rinfusa, facciamo citazionismo e che abbiamo delle voci… sicuramente io e Rachele abbiamo voci che tecnicamente possono non essere perfette, ma inconsuete rispetto a quello che si sente in giro.
Se lo standard di valutazione è la tecnica, tra Emma Marrone e Rachele vince certamente Emma. Ma non c’è solo quello.
Se così fosse anche fra Emma e Billie Holiday vincerebbe Emma. Ma ripeto, non c’è solo quello per fortuna.
Questa cosa di De Andrè, boh. Io ho un timbro baritonale, canto così, prendere o lasciare.
Ho bisogno di capire come mai questo livore.
Dovrebbe farmi un esempio di cose che a lui piacciono.
 Uno che legge l’articolo di Michele suppongo non sia neanche un fan di quel pop, perdonami il termine, “pecoreccio” da cui siamo sommersi.
Ormai quel pop lo si ascolta per inerzia, ci siamo abituati. E non apre dibattiti.
 Nessuno sta a indignarsi per la cantante X di Amici. La giudichiamo e basta – canta bene, canta male.
Mi viene da dire che se non si apre il dibattito, comprese le conseguenti eventuali fucilazioni, è perché non c’è niente da dibattere. 
Io preferisco rischiare e dire qualcosa. Se poi becco insulti e non piaccio amen.
 Ma almeno ho espresso una visione del mondo con la mia musica”

“Geronimo Stilton commenta il gruppo così:

l'amore e la violenza

“
Tu fai la raccolta differenziata?”
“Sì, la faccio. 
Questa cosa che dice mi può stare anche bene. Ma andiamo al sodo: che cos’è l’invenzione in musica? 
Apriamo questo dibattito? Dal punto di vista del pop non s’inventa più un bel niente da almeno 30/40 anni, da Jimi Hendrix e dalla distorsione della sua chitarra”

“Nemmeno i dj, che sono un po’ i nuovi produttori, hanno inventato qualcosa di nuovo?
”
“Sì, ma dai primi dj è passato un sacco di tempo. Non solo i Baustelle, ma anche i produttori di musica elettronica continuano a riciclare. Nessuno s’indigna perché i Daft Punk nel loro album hanno riprodotto i suoni della discomusic chiamando addirittura a collaborare Moroder e il chitarrrista degli Chic. La loro è più di una citazione, è una meravigliosa copia autorizzata.
 Però l’hanno fatta benissimo, ancora meglio dell’originale.
E se poi arriva quello che dice “L’ho già sentita”  non m’interessa e mi fa molto ridere. 
Parlo a nome collettivo, non mi do un merito, ma è forse la forza dei Baustelle prendere tante influenze diverse e impastarle in una veste nuova che abbia un senso”

“Abbassiamo il livello. Dove vanno i tappi di sughero?
”
“Tendo a conservarli in una scatolina”

“Bravo ti sei salvato. E i fazzoletti di carta bianchi? Quelli sporchi intendo”
“Nell’indifferenziata”

“No! Nell’organico! Mi raccomando da domani separa bene. I cd?
”
“Mai buttato un cd”
“Nel caso volessi…indifferenziata anche loro”

baustelle

Il Mago Merlino legge nel pensiero:

baustelle
“Può succedere che in qualche intervista io risponda scoglionato e non brillante e gasato, forse perché è la centesima in un giorno.  
Caro Merlino non pubblico nulla di cui io non sia soddisfatto al 100% e quello che esce lo difendo, anche se a volte non sembra, con il coltello fra i denti. Scusami, ma non mi conosci proprio se dici così. Hai interpretato malissimo”

Questo deve essere un politico populista:

baustelle l'amore e la violenza
“L’ho letto questo. Caro politico populista, se vuoi ascoltare solo canzoni sul pizzettaro, credo tu abbia dei problemi. 
Se invece “pizzettaro” è una metafora per argomenti più diretti o viscerali, il pop italiano abbastanza indipendente è pieno di queste canzoni. Ascoltati Calcutta, che è bravissimo, e non venire a rompere i coglioni a me”

Il nostalgico prete laico:

baustelle facebook
“Questo commento un po’ mi rattrista. Sono d’accordo con lui su Mina e Celentano. Penso però che la lingua italiana e di conseguenza anche il linguaggio delle canzoni siano in continua evoluzione. 
Forse dovrei fare anche io le canzoni del pizzettaro sotto casa. (ride)
Le parolacce non sono sbagliate in sé, dipende da come si usano. C’erano poeti del 300 che usavano parolacce. 
Dipende dal discorso in cui sono inserite. Non uso parolacce fini a se stesse, sono funzionali alla storia che racconto. 
Mi spiace se si è offeso. Detto questo, mi dispiace ma continuerò a scrivere come voglio”

Michele Monina (questo non è un nome di fantasia, anche se si presta bene. QUI l’articolo) scrive:

michele monina citazione
“Il problema è che viviamo in un tempo (tutto italiano, per fortuna) in cui se sei intelligente e colto vieni automaticamente schernito. 
Non siamo più abituati a riconoscere nemmeno ai cantautori il valore culturale di una volta, un po’ perché i cosiddetti sono invecchiati o spariti, un po’ perché il ricambio generazionale non è stato proprio all’altezza. 
La leggerezza sembra diventata l’unica via possibile: certo, la vita è dura, pesante e tragica e le canzoni possono servire a evadere. Va bene. Ma è giusto che ci sia spazio anche per le canzoni che hanno voglia di raccontare delle cose con un linguaggio che non è proprio il solito, e spazio per autori che propongono la loro visione in una maniera che richiede una certa fatica interpretativa. E ci tengo a precisare che per me “fatica” in questo senso è un concetto positivo. E’ giusto che ci sia un mondo disposto ad ospitare insieme prodotti immediatamente decifrabili e altri meno. E’ esistito un mondo che ha prodotto più o meno contemporaneamente Madonna e i Talking Heads, e a mio parere è stato un mondo bellissimo. 
Se proprio non ci si vuole proprio sforzare mai, si rischia di far precipitare il linguaggio a un grado zero e tutti i testi delle canzonette parleranno solo d’amore e con un lessico di venti parole al massimo.  E – citando il testo di una canzone del nuovo album – io non voglio più ascoltare questa musica leggera.”

“È che sforzarsi non piace a nessuno”
“Sì, perché è più facile abbandonarsi alle abitudini. I tempi in cui viviamo ci hanno livellato e io stesso mi accorgo di fare sempre più fatica a sforzarmi.  Penso ad esempio alla fruizione della musica: con la nuova tecnologia sono diventato anche io uno che schippa e che non ascolta più una canzone per intero. 
Il livello di intolleranza verso tutto ciò che costringe ad essere po’ meno pigri si è alzato in ogni ambito.
Ammesso che ce ne fosse uno, nessuno oggi seguirebbe un intellettuale in tv”

“Forse perché non li invitano più”
“È vero, è un cane che si morde la coda. Un po’ perché mancano gli intellettuali e un po’ perché non farebbero audience”

“Veniamo alla prova del nove. Se mi dici una canzone di Cristina D’Avena vuol dire che non sei snob
”
“Sì certo…Hello Spank!”
“No!
”
“Era una delle mie preferite. Chi la cantava, Hello Spank?”
“Un gruppo di sconosciuti. Ma è stata scritta da Vince Tempera e Luigi Albertelli.”
“Lady Oscar era della D’Avena?”
“Quelli erano i Cavalieri del Re. Cristina D’Avena l’ha cantata dopo
”
“Allora io sono un amante dei Cavalieri del Re. Ho detto due canzoni cantate da loro”
“No! Hello Spank non era cantata dai Cavalieri del Re!!!!
”
“Allora dimmela tu una sua canzone e vediamo se me la ricordo”
“Kiss me Licia
!”
“Ah! Io però sono un po’ più vecchio. Sono di una fase precedente. Mi ricordo Nico Fidenco con  Sam ragazzo del West. 
Ammetto di non aver mai visto Kiss me Licia, ma apprezzo comunque molto Cristina D’Avena.
 Trovo che mettere la propria voce nelle sigle sia la spersonalizzazione massima di un cantante: ci si mette totalmente a servizio di quel cartone, di quel personaggio.

“Grazie, abbiamo finito”

Il Portinaio

“Aspetta Portinaio…Rascal era di Cristina D’Avena?”
“
Guarda che non ti salvi così”

Francesco bianconi

 

Credits
Copertina: Stefano Orfeo Montagnana ©
Foto: Gianluca Moro ©


KARMA POSITIVO

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“Vuoi venire con me a fare un bagno di Gong?”
“Preferisco la doccia”
“Un bel corso di meditazione?”
“C’è anche da mangiare?”
“Certo! Un buonissimo aperitivo Vegan”
“Uff…neanche una polpetta dell’Ikea?”

Ora va bene elevare l’anima, puntare alla buddità, ripulire la coscienza dai demoni interiori, ma a volte quando le cose sfuggono di mano si rischia di cadere nel grottesco.
Mi è arrivato un invito per seguire un metodo di meditazione quantica.
Cos’è la meditazione quantica? E’ sintesi pratica di scienza e coscienza. Trasmuta le 5 ferite del fanciullo.
????????
Cerchiamo di fare chiarezza.

LOCANDINA

La meditazione è una pratica che si utilizza per raggiungere padronanza delle attività della mente.
I miei parenti credo non l’abbiano mai esercitata.
Forse mia madre una volta, mentre puliva.
Sì perché lei raggiunge il Nirvana quando usa il Viakal.

Secondo studi scientifici pubblicati sull’ International Journal of Psychotherapy le componenti in comune in tutti i metodi meditativi (cristiani, islamici e orientali) sono:

1) Rilassamento
2) Concentrazione
3) Alterato stato di coscienza
4) Sospensione dei processi di pensiero logico e razionale
5) Presenza di una attitudine all’autocoscienza ed all’ auto-osservazione

Applicati a mia madre diventano più o meno così:

1) Rilassamento
“Che bello sono sola. Ora posso pulire la cucina”
2) Concentrazione
“Macchia di calcare vicino al lavandino, sugo sul piano cottura”
3) Alterato stato di coscienza
“Minchia sti fumi di candeggina mi mandano in estasi”
4) Sospensione dei processi di pensiero logico e razionale
“Vince il premio Miss Mocio Vileda la mamma del Portinaio!!!!”
5) Presenza di una attitudine all’autocoscienza ed all’ auto-osservazione
“Tutto pulito! Il primo che osa aprire il lavandino verrà castrato con il panno daino”

La quantistica invece è una teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e di tutte le loro interazioni viste sia come fenomeni ondulatori sia come fenomeni particellari.
????????

Quindi cos’è sta meditazione quantica?
Non l’ho mica capito! 🙂
Però secondo il Forum del Tempio delle Ombre (che già mi fa venire l’ansia) e Alexander DeLupus, scrittore, filosofo, esoterico, mago e fotografo tramite questa meditazione si può raggiungere un controllo del proprio inconscio e indurlo a cambiamenti interiori che sfocerebbero in un miglioramento della vita personale, aumento dell’autostima, della propria salute e di 7000 punti fragola dell’ Esselunga 😛
Poi la mia fede ha ceduto subito quando ha visto chi frequenta questo Forum.

scrondo
Lo Scrondo! Ahahahahahahahahah!

La paternità della meditazione quantica è attribuita a Filippo Premananda. Il cognome è stato inventato da lui.
Prema significa amore. Ananda invece gioia.
Forse sarebbe stato più divertente Dino Sauro o Lampa Dario. Ma io sono uno scemetto miscredente, però sono curioso come un furettino affamato in una pollaio pieno di pulcini imbottiti di antibiotici.
Voglio sapere di te Filippo. Come sei diventato così?
Il maestro è certificato Coni di Karate Shotokan ( e quindi rischio di prenderle) e maestro Hatha Yoga.
E’ anche Gong Master, che non è una pratica sessuale dove ti suonano come una campana, ma una vera e propria forma di rilassamento sonoro.
Nel 2002 grazie alle mani di Swami Sathya Sai Baba (che deve avere un citofono lunghissimo) ha avuto il suo divino risveglio/salto quantico.
Da allora dedica la sua vita alla guarigione e all’evoluzione della anime in transito tra il “vecchio mondo” e la “nuova coscienza”.
E ste 5 ferite dell’Umanità?
Qui bisogna fare una premessa per ogni cosa che dice.
Purtroppo il sito di Filippo è off line e non posso accedere per avere informazioni. Mi tocca scriverlo su google e tentare la fortuna.
Secondo il portale La mente meravigliosa sono:

1) La paura dell’abbandono
2) La paura del rifiuto
3) L’umiliazione
4) Il tradimento e la paura di fidarsi
5) L’ingiustizia

Poi c’è la sesta ferita che non menziona mai nessuno:

santanchè

Lo so, sono un pressapochista, figlio di due cattolici meridionali che vivono la loro esistenza a litigare con parenti iracondi e avidi di vendetta e denaro.
Ma se volessi intraprendere questo percorso qual è il programma?

1) Funzionamento del cervello umano
“E fin qui so che usiamo solo il 20% delle nostre facoltà”

2) Identificazione dei programmi inconsci del passato che vivono nel presente
Non ho ancora visto l’ultima puntata di Candy Candy ed esco pazzo!”

3) I principali 4 sensi di colpa
“Oggi ho venduto su Ebay un oggetto a 20 Euro. L’acquirente mi ha versato sul conto 200 Euro”

4) Destrutturazione della mente inferiore e passaggio alla mente superiore
“Quindi servono due pastiglie di Moment?”

5) Ferita del rifiuto e abbandono
“Una volta mio padre si è dimenticato di venirmi a prendere a scuola e quella stronza della mia vicina si è rifiutata di portarmi a casa, perché solo così la mia famiglia avrebbe capito l’importanza di avere un figlio”

6) Trasmutazione tecnica delle ferite come processo alchilico definitivo sulla memoria cellulare
“Mi esce il sangue da naso!!!!”

Che sciocco che sono. Dovevo accorgermene subito. Filippo è stato “benedetto” da Sathya Sai Baba noto per essere il sosia ufficiale di Marcella Bella.

sai baba
Ora mi viene in mente.
Lui è quello che aveva predetto la sua morte nel 2022 (avvenuta poi nel 2011)
Lui è quello che è stato denunciato per molestie, per aver accumulato nella sua vita un milione e mezzo di Euro, 100 kg di oro e 300 di argento.
Non ve lo ricordate?
Ma sì, era quello con la chioma anni 70 che faceva apparire, con la sola imposizione delle mani, catene, anelli e polveri sottili con poteri medicamentosi.
Avete un buco nero?
Negli anni 80 mia zia e mia madre furono avvicinate da un suo adepto che diceva di poter guarire la malattia di mio cugino tramite la somministrazione della sacra cenere Vibhuti
Io l’ho provata e puzzava di Last al limone misto polvere.
Mio cugino non è guarito.
E la cenere pare fosse sterco di vacca.

Oggi ho restituito 180 Euro allo sbadato acquirente. E mi sono sentito leggero. La mia meditazione quantica inizia con la lettera O…di onestà o di Otranto che fa più ridere. 😛

Il Portinaio

La Pokétryoshka in apertura è disegnata da Michael Myers. 🙂

KARMA NEGATIVO

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Più o meno il principio karmiko (come lo spiega il sito il giardino degli illuminati) afferma che le azioni del corpo, della parola e dello spirito sono al contempo causa e conseguenza di altre azioni. In sostanza non esiste il caso, ma ogni evento o gesto è interconnesso all’interno di una rete di legami di causa/effetto.

Quindi qualsiasi cosa tu faccia ti ritorna indietro in qualche modo.
Tranne il boomerang, con quello ci riescono solo gli Australiani. 😛

Io applico questa legge molto spesso, ma nonostante tutto, intorno a me succedono solo cose grottesche. E allora non so a chi dare la colpa.
Mia madre sostiene che sia il diavolo, mia zia invece i suoi fratelli, che sono poi i miei zii :-P.
Quindi alla fine è colpa della famiglia.

Fare buone azioni è da coglioni. Lo dice “il detto comune”. Come se il buonismo sia diventato un’eccezione negativa. Viviamo in un periodo storico dove le masse fuggono da guerre assurde, dove il nostro vicino è pronto a sparare e il furbetto diventa automaticamente il figo del quartiere.

I miei parenti hanno festeggiato il compleanno di mia mamma organizzandole una festa in pizzeria.
Che bel gesto. Partito dal cuore e finito direttamente nel culo a qualcuno.
Qui il karma non c’entra, questa è perversione.
Mia mamma e i miei zii non parlano con la loro sorella.
I miei zii odiano la famiglia di mia padre.
Mia zia odia tutti. Tranne me! 😛

Seduto al tavolo, mentre mia mamma soffiava sulle candeline, mi domandavo: Il karma chi punirà?

Mia cugina? Che non ha fatto altro che guardare da un’altra parte?
Oppure un’altra mia parente, che in tempi non sospetti non vedeva l’ora che mio nonno tirasse le cuoia.
Ma il karma non guarda in faccia a nessuno.
Ripeto. Qualsiasi cosa tu faccia quello è in agguato.
Hai ucciso una zanzara? E allora pagherai più tasse.
Hai imprecato alla vecchia rimbambita perchè non partiva con il semaforo verde? Ti si romperà il giunto cardanico e il semiasse dell’auto al prossimo incrocio.
Fa niente se tu vai a messa e dai un Euro a quello delle rose. Se il tuo pensiero è negativo, ti beccherai una tranvata sui denti.
I miei parenti si detestano così tanto che sono diventati una barzelletta.
La prima è mia madre, che si stupisce ogni volta che mio padre viene ricoverato.
Com’è possibile che nessuno dei suoi fratelli sia realmente affezionato a suo marito?
Ti risponde il karma.

Se ti trascini dietro questioni irrisolte da 40 anni, non ci sarà Viakal o acido muriatico a ripulire le incrostazioni.
La compassione non è un atteggiamento di tutti. Boccaccio invece scriveva che era “umana cosa”.

L’anno scorso ho fatto il giro dei parenti per scoprire i torbidi segreti di Pulcinella che li affliggono.
Sembrava il gioco del Telefono senza fili. L’inizio non è mai come la fine.
Ai fatti venivano aggiunti appellativi volgari, eventi mai successi, distorsioni della mente e rancori infantili.
Nessuno ha colpa.
Le reazioni poi diventano stravaganti e bizzarre.
C’è la zia ossessionata, che pensa che tutti tramino contro di lei, talmente ossessionata che una volta mi ha detto “Sono entrati i ladri in casa mia, sono certa che sono stati i tuoi zii a organizzare tutto”
C’è chi ti confessa riservate confidenze, che sembrano uscite da un libro di Ammaniti.
Sta di fatto che ho conservato nei miei appunti storielle tragicomiche che non fanno altro che confermare la mia tesi: sono tutti matti! 😛
E con la vecchiaia si peggiora.
Ma come fare con questa storia del Karma?
Bisogna ingannare la mente e cercare il più possibile una strada verso l’illuminazione.
E pensare che il vicino di casa di mio zio vende lampadari, ma non si parlano da 20 anni. Peccato per lui sarebbe stato più semplice.

1) Sostituire i pensieri negativi con pensieri positivi è una soluzione estremamente efficace.

 Mio zio pensa che la famiglia di mio papà sia un covo di camorristi.
Pensiero positivo: chiamo Roberto Saviano, così scrive un libro e diventiamo tutti ricchi.

2) Si dice che il fallimento sia un altro passo verso il successo.

Mia zia ha avuto relazione con un uomo che poi è morto.
Pensiero positivo: falle scaricare Tinder.

3) Impara a essere paziente.

I miei parenti litigano sempre.
Pensiero positivo: Moriranno tutti.

4) Considera le esperienze karmiche negative come lezioni universali, slegate dal presente, che possono svelare la tua personalità.

 A mio padre hanno amputato una gamba.
Pensiero positivo: Mandalo a Ballando con le Stelle

5) Acquisisci nuova forza dagli eventi karmici negativi.

Mia mamma spera sempre di passare il Natale con i suoi fratelli.
Pensiero positivo: Le mie zie non sono delle cuoche provette.

6) Rimani impassibile ed evita i pensieri di vendetta.

Mia zio una volta ha detto che avrebbe sparato a mio padre, se solo si fosse avvicinato a casa sua.
Pensiero positivo: Finiremo al Tg5

7) Ama il tuo nemico.

Il cugino di tua madre, quello accatone che andava a trovare mio nonno durante le ore di lavoro, che poi segnava come straordinari,  ti ha chiesto l’amicizia su Facebook.
Pensiero positivo: Puoi cambiare identita.

8) Medita

L’ho fatto QUI. Funziona davvero. 🙂

Durante la farsa festa di mia madre, si parlava del più e del meno. Nessun argomento scottante è stato toccato. Se non quello dell’anello di mia nonna, che nell’asse ereditario è finito sulle dita della nuora e non della sua seconda figlia, che lo bramava manco fosse un gioiello di Bulgari.
Quando tutti si sono alzati per uscire allegramente dal ristorante, qualcuno aveva dimenticato il cellulare sul tavolo: lo zio Becco, come lo chiamano simpaticamente i lettori di questo blog. (QUI i suoi teneri commenti da Bar Sport)
Il karma mi ha suggerito di restituirlo al legittimo proprietario, perché se gliel’avessi buttato in un cestino non avrei ottenuto niente. Come non ho ottenuto un semplice grazie.

Il Portinaio

 

MACUMBA

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Abbiate compassione per me, ma se vi racconto spesso delle vicissitudini ospedaliere della mia famiglia è per esorcizzare il dolore, ma soprattutto per dimostrare che sono vittima di qualche macumba trash che ha come fine farmi vivere in un mondo grottesco.
“Figliolo tuo padre non è stato bene. E’ arrivata l’ambulanza”
“Hai fatto timbrare la tessera punti? Ti regalano una barella se la completi”
“Io sono già al pronto soccorso dalle 3”
“Ma sono adesso le 3”
“E allora ho l’orologio fermo”
“Scommetto che è quello di Carpisa?”
“Sì! Quello d’oro non lo metto più perché c’è in giro brutta gente…”
“Chi te l’ha detto?”
“Salvini!”

Mio padre soffre di un diabete cronico ormai degenerativo. Ha più cicatrici lui nel corpo che Rambo 3.
Ma piuttosto che morire e far contento alcuni miei parenti, resiste a tutti i tipi di operazioni invasive.
A questo giro gli hanno amputato un alluce.
Se continua così, con un bel bastone nel sedere, potrà diventare un nuovo modello di Mocio Vileda.
Le attese al Pronto Soccorso si fanno sempre più lunghe. Tendenzialmente si va dalle 6 alle 8 ore.
Così possiamo fare amicizia. 🙂
Mia mamma non perde tempo.

“Vedi quel signore? Hanno appena ricoverato sua madre”
“Poverina”
“Certo che è veramente brutto”
“Intanto non si fanno commenti sull’aspetto fisico. Poi non è un signore. E’ una donna!”
“Ma no! E’ un uomo. Guardagli le scarpe.”
“Cosa c’entra? Se le piace vestirsi da benzinaio…”
“Per me è un uomo”

E siccome è curiosa come una zecca ha trovato un modo per attaccare bottone.

“Stai bene?”

E quello o quella invece di rispondere ha iniziato a piangere.
Dio lasciala/lascialo in pace.

“Guarda che la tua mamma si riprende. Quanti anni ha?”
“94!” (voce femminile)
“E allora anche te! Devi anche pensare che l’ha fatta la sua vita”

Mia madre non ha sensibilità! 😛

“Sei matta? Cosa le stai dicendo?”
“Niente! Di mettersi il cuore in pace”

Constatato che fosse una donna mia madre ha continuato la conversazione con tono più pacato e parole forbite.

“Lo so che perdere una madre è bruttissimo. La mia è morta vent’anni fa e ancora mi manca”

E giù lacrime.

“Però devi anche pensare alla tua vita. Non hai amiche?”
“No”
“Amici?”
“No!”
“Fidanzato?”
“No”
Silenzio.
Prova con fidanzata.

“Zitto cretino!”

“Vedrai che la tua mamma si riprenderà e potrai continuare a vivere con lei”
“Ho una badante”
“E allora vedrai che la tua mamma si riprenderà e potrai continuare a vivere con lei e la badante”

Silenzio.

Al pronto soccorso arrivano per qualsiasi ragione.
C’era una che si era infilata un togo nell’occhio e diceva che sentiva tutta la cialda di cioccolata dietro il bulbo.
Non so come abbia fatto, ma le infermiere l’hanno subito spedita in psichiatria.
Mentre fumavo una sigaretta in santa pace nel parcheggio ho visto una ragazza che urlava al cellulare. Una bella ragazza, un misto fra Nina Moric e Belen. Tutta vestita leather con borsina LV, unghie pittate, occhiali grossi come padelle e Samsung Galaxy 7 Edge con cover glitter.

“Scusa mi puoi aiutare”

Neanche al Pronto Soccorso uno può stare in pace.

“Che c’è?”
“Mi hanno aperto l’auto”
“Veramente?”
“Sì! C’era giù il finestrino”
“Non è che hai dimenticato di tirarlo su?”
“Ma che dici!”

A una che ti risponde così cosa le fareste?

“Cosa ti hanno rubato?”
“Il libretto dell’auto! Sono sicura. Ma cosa se ne fanno del mio libretto dell’auto? Dio c’è in giro gente di merda”
“Veramente io non la vedo”
“Non guardi Rete 4?”

Pensavo fossi su quel nuovo programma che fanno su Italia 1: Lo scherzo perfetto. Una cagata immonda, che ho visto per caso settimana scorsa. Tempo di resistenza 3 minuti.

“Mi aiuti a cercarlo?”
“Cosa?”
“Il libretto”

E mi da un mano un plico di fogli.

“Questa è la pubblicità di un centro estetico…queste sono le assicurazioni vecchie…questa è la tua mammografia…”

Nel frattempo lei continuava a sbraitare al telefono con il padre.

“Signorina ho trovato il libretto”
“Sei il mio portafortuna! Porco D#o”
“Ammazza che punk!”
“Guarda scusami, ho mia madre che è ricoverata con un tumore allo stadio terminale con tutte le metastasi alla colonna vertebrale e porco d#o”
“Sono contento che non ti abbiano rubato il libretto. Però cerca di stare concentrata, perché sicuramente il finestrino l’avrai dimenticato giù…tu…tutturuttuù”
“Ahahahahahahahha”
“Scusa volevo farti ridere”
“Ti posso offrire da bere al bar dell’ospedale”
“Anche no! Va bene così. Torno da mio padre che è al pronto soccorso”
“Che cos’ha?”
“Niente di grave. Un prolasso anale”


Infine nel reparto Medicina d’Urgenza, mentre aspettavo che facessero a fette mio padre una matta con problemi respiratori cercava di fuggire dall’ospedale.
Tranquilla e pacifica si trascinava con le ciabatte verso la porta d’uscita. Le infermiere o facevano finta di non vederla oppure erano talmente indaffarate da non sentire quel “shhhhhhhh” (suono onomatopeico della ciabatta che struscia per terra) fastidioso.

“Ciao io vado”
“E dove?”
“A pagare le bollette”
“Ma la posta è chiusa”
“E allora vado a farmi dare il latte da mia madre”
“Ok! Se giri subito a destra puoi uscire senza che nessuno ti veda”
E l’ho lasciata andare.

Il Portinaio

“Ciao sono tua cugina. Come sta lo zio? Io non riesco a venire in ospedale perché ha partorito il cane e volevo portare i figli della donna delle pulizie a vederli nella mega villa di mio fratello sul lago. Però diglielo che ti ho chiamato”

L’immagine di copertina è di Alberto Castagna Tumblr

8 ANNI CON IL PORTINAIO

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Questo blog si è trasformato.
Era nato come un diario di viaggio in Giappone, poi come un piccolo angolo di cazzate nipponiche e infine come un sussidiario dei deliri della mia famiglia.
Non è poi così cambiato.
Ho bisogno però di essere stimolato di nuovo, di ritornare alle origini, resettare 8 anni e riscrivere la storia di questo blog. Come fosse l’ennesimo reboot di Spiderman. (ma fatto meglio!)
Nonostante i miei anni abbiano fatto il giro di boa, mi sento ancora un ragazzino. Luogo comune.
Io ho ereditato un gene che manco gli scienziati riuscirebbero a riprodurre. Il mio albero genealogico è districato come un ginepraio OGM, gli zii mi solleticano storie amare E i miei genitori sono fonti di novelle grottesche. Il gioco della vita. Sembra una canzone di Spagna! 😛
Cosa ho imparato in questi anni?
Che se ti ostini a fare l’educatore non otterrai mai niente.
Faccio un esempio.
L’altro ieri io e mia mamma abbiamo portato mio padre in ospedale a Bergamo perché doveva essere operato d’urgenza. L’urgenza era in attesa da Maggio dell’anno scorso.
Arrivati al cospetto dell’accettazione ospedaliera il triste epilogo:

“Scusate, ma suo padre non è in lista”.

Sì, perché mio papà è in balia di tre ospedali che se lo rimbalzano come un volano da Badminton.
L’unica cosa che ho potuto fare è stata entrare in sala operatoria e creare un caso diplomatico, senza mettermi a gridare all’ufficio informazioni.
Bellissimo. Sono usciti tutti i chirurghi con il camice insanguinato che mi hanno guardato come se fossi un pazzo maniaco.

“Scusi lei non può stare qui”
“Allora visto che non posso stare qui, uscite voi”

E’ stato l’unico modo per parlare con il gran visir dell’ospedale, che ci ha ascoltati, rincuorati e anche un po’ impressionati. Sembrava l’assassino di “Non aprire quella porta”, ma anche un pizzaiolo dopo una lite furibonda con una latta di pomodoro Mutti.
Mio padre è ancora ricoverato (in un altro ospedale), sta un pochino meglio, ma quel giorno a Bergamo ho pensato solo al suo benessere e non a vendette personali.
Mia cugina invece ha iniziato elencarmi tutto quello che avrebbe fatto lei. Dal trasporto sul suo comodo Suv fino al casino che avrebbe provocato al Pronto Soccorso.
Peccato non sia venuta, l’avrei voluta vedere.
Mia zia ha voluto sottolineare di quanto io e mia mamma fossimo scemi. Secondo lei avremmo dovuto legarci in sala parto e minacciare infanticidi piuttosto che cedere al volere del sistema sanità.
Viceversa l’altra mia zia ha soltanto detto al telefono “Tutto bene? Poverino”.
Sì, perché invitare a cena un’aspirante vedova e un giovanile orfano è uno sforzo troppo grande per la mente dei miei parenti, mentre sentenziare come giudici di Forum è molto più semplice.
Quindi la lezione è questa: muovete il culo o state zitti!
Perché continuare a sentire “io avrei fatto” innervosisce parecchio. Cucinate una lasagna che è meglio.
Il mio regalo di quest’anno per voi è semplicemente unico.

Si ritorna al passato.
Come 8 anni fa, si parte per il Giappone, un mese. (QUI se volete ripassare)
Appiccicate gli auguri in Portineria e continuate a seguirmi!

Il Portinaio

he man cory loftis

L’immmagine del posto sono illustrate da  Cory Loftis

OVERBOOKING

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“Mia moglie ha un desiderio, vedere i ciliegi in fiore. Così ho scoperto tramite amici che quest’anno sei venuto in Abruzzo insieme a una ragazza giapponese. Non è che ti va di accompagnarmi in Giappone?”
“Se trovassi i soldi per strada”
“Ti pago il viaggio”
“Grazie è un pensiero molto gentile, però devo anche sopravvivere”
“Facciamo così: vi assumo come accompagnatori”
“Veramente?”
“Sì, ma non come quelli che pensi tu!”
E’ nato così il mio viaggio in Giappone.
Ma siccome casa della mia amica Mia San è piccola come la gabbia di un criceto, mi tocca cercare un compagno di viaggio che divida con me un appartamentino.
Ahimè Lady Disturbia è impegnata con i suoi corsi ayurvedici, mia cugina odia quelli con gli occhi a mandorla e l’altro mio cugino ha prenotato per fine Aprile.
Ci vuole uno che abbia una sensibilità spiccata, una predisposizione al bipolarismo, che riesca a trasformarsi come faceva la Piera Disturbia a seconda del negozio che vedeva.
Magari se avesse anche quella comicità tipica del sud e una punta di trasgressione nel sangue non sarebbe male.
Ma dove lo trovo uno così?

Drin drin

“PronDo amico, ti ricordi di me?”
“Pirla! Sei il papà del mio blog!”
“SenDi è vero che vai in Giappone?”
“Pare proprio di sì”
“Ti ricordi che dovevamo andare insieme nel 2011 e poi è venuto il terremoto…lo Tsunami…Fukushima…bombe nucleari…pioggia di cavallette…”

L’ho trovato!!!!!
Si chiama Marco, è l’ex webmaster del Portinaio, classe 1981, foggiano, pazzo per i grattacieli e le lucette e soprattutto sosia non ufficiale di Giuliano Sangiorgi. E’ perfetto.

“Vedrai Marco sarà il viaggio della vita. Il Giappone ti cambierà dentro”
“A proposito di – dentro – vuoi una pastiglia di vitamina B?”
“No grazie. Non sto molto bene. Poi tra qualche ora dobbiamo partire non vorrei stare male in aereo”
“Che dici!!!!!!!” (Con forte accento foggiano)
“Ok, la prendo!”
“Ricordati che la carenza di vitamine del gruppo B nell’organismo umano si manifesta con alcuni sintomi: i sintomi più evidenti sono secchezza o ruvidità della pelle e salute dei capelli, poiché la vitamina B è alla base del loro metabolismo energetico, altri sintomi possono essere mancanza d’appetito, stitichezza, insonnia e acne”

Il nostro aereo è un diretto Alitalia. L’orario di partenza è previsto per le 14:55.
Siccome è un giorno feriale nessuno ci ha accompagnato all’aeroporto, abbiamo dovuto prendere il pullman con tutti gli stranieri radical chic e i cinesi impazziti.
Alla fermata una vecchia zingara si è praticamente aggrappata alla nostre valige piangendo e mostrandoci la dentatura colorita.
Abbiamo subito iniziato a gridare!
Poi è fuggita lanciandoci delle iettature perché non le avevamo dato 10 centesimi.
Marco è uno molto superstizioso.

“Forse dovevamo darle 5 CenDesimi”
“Ma io avevo solo un pezzo da 50 Euro”
“Magari ti dava il resto”
“????”

L’aeroporto di Malpensa era semivuoto, segno che la crisi sta colpendo veramente il paese.
C’erano solo un gruppo di russi e di giapponesi.
La fila al Check in non è stata neanche tanto lunga. Giusto 15 minuti.
Tutti sorridenti con i nostri trolley economici aspettavamo con ansia che la hostess ci dicesse il numero del posto a sedere.

“Mi dispiace il volo è in overbooking”
“E quindi?”
“Devo mettervi in lista d’attesa e se qualcuno non si dovesse presentare sarete i 12° ad imbarcarvi”

Silenzio.
Non arriveremo mai in Giappone!

“Però se non partite avrete una compensazione di 600 Euro, il pranzo pagato, l’hotel + cena e colazione”
“Signora Hostess dalle grandi forme non è che può fare un miracolo?”
“Ho provato una dieta proteica, ma non ha funzionato”
“Non potete metterci in business?”
“Aspettatemi un attimo qui. Non vi muovete!!!”

Così mentre la guardavo andare via pensavo alla paura che ho per l’aereo, ma soprattutto all’ansia di rimanere prigioniero per un giorno in aeroporto.
Ho alzato gli occhi al cielo, poi ho contato i voli in partenza, poi ho fatto due parole crociate, mi sono limato i talloni secchi, letto Focus e quando mi sono rigirato la hostess era ancora lì che camminava.
Merda sto vivendo in un dejavu!

In tutto questo attendere mi è venuta persino la febbre.

“Mi dispiace ragazzi, ma siete gli ultimi due della lista e il volo è pieno”
“Quindi rimaniamo a terra?”

E Marco: “Quindi pigliamo i soldi?”

Depressi come se avessimo acceso un mutuo trentennale abbiamo aspettato il pullman dell’Hotel.
E che Hotel!!!
Questa la vista dalla camera:

Hotel Holiday Inn Malpensa
Case Nuove paese
Non vi dico in quella casa abbandonata cosa succedeva.
Un via vai di signori e signorine. C’era quello con il trolley pieno di rami secchi che entrava e usciva dal sottoscala, uno con un Mercedes di rappresentanza che nascondeva piccoli oggetti nella casella della posta. Una donna è persino uscita dalla cucina con un sacchettino dell’Oviesse.

“Gabry visto che stai male prenditi della Vitamina C”
“Ma ho già preso la Tachipirina”
“Zitto! E mentre ci sei fatti anche due pasticche di Zinco che aiuta il sistema immunitario”
“Vorrei solo del Benagol”
“E poi guardati un po’ di Barbara D’Urso che aiuta a spazzare via le negatività”
Nel delirio febbrile ho scoperto che Lisa Fusco (nota soubrette nullatenente) parla con il padre morto attraverso la stampante. (chissà quante cartucce consuma!)
Dopo aver cenato con prodotti surgelati e aver ingerito altre pastiglie di non so quale provenienza sono morto sul letto.
La mattina ero un fiore. Diciamo un bocciolo. Perché avevo ancora le placche in gola.

“Prendi queste essenze di spirulina, aiutano l’organismo a ritrovare il benessere”
“Ma io l’ho perso ieri al Check in!”
“Allora ti ci vuole anche del Supradin”
“Hai per caso del Cebion?”
“Certo! Gusto arancia o frutti di bosco?”

Ultimo saluto a mia mamma prima di passare il controllo bagagli e poi è iniziata la pazzia del Duty Free.
Marco ha iniziato a girare come una trottola tra la Farmacia e il reparto sigarette e alcolici.
Mentre io ero solo e abbandonato davanti a queste tre.

pazze giapponesi

Il Giappone può fare veramente male alle persone.
Spero che Marco sopravviva!

Il Portinaio

Dimenticavo…la hostess burrosa per farsi perdonare ci ha mandato gratis nella Lounge Alitalia.
Non vi dico cosa ci siamo mangiati. Sembravamo proprio delle meridionali invadenti, ma come dice Marco: “Mè, prendi è gratis!!!!!”

THIRD IMPACT

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Finalmente tra 11 ore e 30 minuti sarò in Giappone e potrò mangiare un sushi come si deve, guardare un sacco di vetrine, morire sotto un ciliegio in fiore e farmi fotografare davanti a tutti i distributori di bibite.
Morire. Ecco cosa penso quando sono su un aereo.
Meno male che c’è Marco.

“SenDi la gomma da masticare posso buttarla a terra?”
“Ahahahahahahahahahah”
“E non ci sono i posaceneri”
“Buttala in bagno”
“Mi scoccio, c’è la fila di cinesi”
“Guarda che sono tutti giapponesi”
“VeramenDe tutta la fila parla veneto”

Sono riuscito a vedere due film e mezzo, senza cagarmi sotto per i vuoti d’aria.
Il cibo come al solito sembra polistirolo scaldato e le hostess a questo giro non sono un granchè.
C’è quella giapponese che ci tratta come delle merde, tutte le volte che le chiediamo un misero bicchiere di acqua del rubinetto risponde: “Un momento”.
Lo steward pelato fa il ganassa milanese e si appoggia pure quando ti deve parlare. Uè pompelmo jaffa non sono mica tuo fratello!
Infine c’è lei, la severa.
Se non si fa come dice lei inizia a guardarti storto e ti fa saltare pure la merenda.

“La prego almeno uno snack salato!”
“Basta voi due! State facendo gli scemi da quando abbiamo sorpassato Mosca”

Una giapponese ha osato aprire la cappelliera mentre passava con il carrellino delle bevande. Apriti cielo! Nel vero senso della parola.
Si è fermata per trenta secondi, poi ha sbuffato, alzato gli occhi ed esclamato a voce alta: “Madonna questa qua”.
Infine c’è la capa suprema, quella che rimane solo in business perchè con noi poveri non si vuole sporcare.

“Che ci fai alzato! Non hai sentito il comandante ha detto di allacciarvi le cinture?”
“Lo so, però mi scappa la pipì”
“Fila al posto maleducato che non sei altro o te le do sul culetto”

Più che un equipaggio di bordo sembra un corpo docenti degli anni 40. Rigidi ed inclementi.

 

Il vento è a noi favorevole. E così, dopo 1 giorno e 12 ore siamo atterrati in Giappone.
Evviva!!!!! Perchè finalmente…posso dirlo? Devo andare in bagno!!!!!!

Uscire è stato più facile del previsto, nessuno mi ha controllato la valigia…

“Gabryyyyyyyyyy”
“Cosa urli Marco? Mica siamo al mercato”
“Questo qui mi sta chiedendo qualcosa”

Ecco lo sapevo che lo avrebbero fermato.
La prego controllore non apra quella valigia, rischiamo di essere rispediti al mittente se scopre che quell’essere spaccia bio vitamine, guaranà essiccato e pastiglie naturali contro la disfunzione erettile.

E’ bastato un sorrisino e cantare tutta la colonna sonora di Totoro perché i controllori s’intenerissero con noi.
Liberi! Presto fuggiamo a Tokyo.
Dall’aeroporto di Narita

“Scusa Gabry volevo farti una domanda, ma perché qui tutti i nomi sono in giapponese mentre l’aeroporto ha un nome italiano?
“Non ti capisco”
“Tu continui a dire Annarita”
“????”

Dicevo. Dall’aeroporto di Narita al centro di Tokyo prendete il Limousine Bus, che è il mezzo più economico e vi permette di vedere un po’ di periferia canaglia.
Questo è un consiglio di viaggio.
Siamo arrivati davanti all’ingresso dell’Hotel Hilton, con un mal di testa e una paresi facciale.
Mia san e la sua amica sono in ritardo di 40 minuti, così Marco ne ha approfittato subito per correre dentro la Hall e cercare un Wi-fi libero.
Io invece mi sono guardato in giro.
Qui ci sono un sacco di filippini, cinesi e business-man che chiudono affari.
C’è un bar super lusso che offre a caro prezzo gelati alla vaniglia con frutti di bosco surgelati, cocktail annacquati serviti con diamanti al posto del ghiaccio e poi c’è quel piccolo corner, vicino all’ascensore, che non si caga nessuno. Vende caffè americano e qualche cioccolatino.
Sono in 4 dietro il bancone, dove ne basterebbe uno.
Appena mi hanno visto arrivare le bariste si sono sovraeccitate.

“Un caffè…coffee? Espresso?”
“American coffee?”
“Ok! Fammi sta brodaglia”

La prima ha preso il bicchiere, la seconda l’ha riposto sotto il beccuccio delle macchinetta, la terza ha guardato scendere il caffè, la quarta me l’ha portato gentilmente con un accompagnamento musicale.
Ho ringraziato e tutte mi hanno urlato dietro il solito “Irasshaimase” “arigatou” e tutte le frasi formali che conoscevano.
Poi sono tornato per chiedere un po’ di zucchero.
Per questa mancanza nei miei confronti hanno deciso di suicidarsi in gruppo buttandosi addosso della cioccolata calda bollente insieme a dei semini di anguria sputati.
Vabbè volevo un po’ di zucchero, vorrà dire che lo berrò amaro.
Io e la mia amica Mia san ci siamo abbracciati alle 13:40. 🙂
Ci siamo abbracciati e fatto subito del gran chiasso fuori dall’albergo.
Siamo corsi in Taxy a casa. Doccia, pastiglie di Marco per tenerti sveglio nonostante il fisico di uno zombie e giro al 45° piano del Palazzo del governo metropolitano di Tokyo.
Barcolliamo.
Nel vero senso della parola. Ma non è il terremoto. Si sente tremare il pavimento, forse sarà dovuto all’altezza oppure è la mia mente che inizia a vacillare. Non riesco neanche ad eccitarmi per i negozietti di pupazzini.
Che abbia perso l’entusiasmo per il Sollevante?
Forse sarebbe stato meglio andare a Follonica, che in questa stagione è semideserta e non c’è nessuno a romperti i coglioni.
Ma per non entrare in Jet leg dobbiamo resistere almeno altre 7 ore.
E cosa posso fare?
Ma certo! La spesa.
Tutte le volte che uno straniero entra in supermercato giapponese viene incatenato incantato da tutte quelle cose colorate e piene di conservanti.
Siamo usciti con:

1) Biscotti secchi di Hello Kitty
2) Biscotti al cioccolato dell’amica di Hello Kitty
3) Biscotti alla vaniglia di Rilakkuma
4) Bibitina gasata color rosa culo
5) Formaggio fresco spalmabile al the verde
6) Acqua

 

Proprio la dieta del campione.
Devo perdere altro tempo.
Andiamo a fumare a casa di Mia san.
Non pensate male. Ma c’è un cartello in casa nostra che dice: “Non si può fumare in casa, sul balcone, sul terrazzo e nemmeno davanti alla casa e di fianco”
E poi? Posso scoreggiare o devo farla vicino al tempietto?
Attaccato a un palo ho trovato anche un sosia del mio amico Bandito.

carlino giapponese
Il padrone l’aveva lasciato lì per girare con lo skateboard. Il padrone ha 7 anni ed è simpatico come una zanzara alle tre di notte. Vabbè che siamo fottuti stranieri gaijin, ma non stiamo facendo nulla di male.
Però abbiamo scoperto che il povero cane si chiama Toy.
Che fantasia che hai bambino di merda! 😛

Benvenuti a Tokyo, dove pare nulla sia cambiato. A parte i nostri corpi che si sono liquefatti.

ombre giapponesi

Il Portinaio

“Gabry vuoi una pastiglia di valeriana? Ti aiuta a rilassare i nervi?”
“Ti prego abbattimi come se fossi un cinghiale ferito”

cani giapponesi

OMOTENASHI ( Benvenuti a Sukagawa)

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Neanche 24 ore a Tokyo che io e Marco siamo subito ripartiti.
Destinazione Sukagawa, prefettura di Fukushima, ridente città che ha dato i natali al primo regista di Ultraman.

“Gabry non è che ci prendiamo le radiazioni?”
“Stai tranquillo Marco. Al massimo ci ritroveremo con otto seni come i cani”

Per risparmiare abbiamo preso l’autobus, che è sempre un’esperienza, perché si ferma negli Autogrill giapponesi, che sono dei piccoli mondi creati per distruggere le menti di noi poveri occidentali.
Sono previste due soste di soli 15 minuti. In questo piccolo lasso di tempo devi: pisciare, mangiare, bere, acquistare tutti i prodotti tipici della zona, fumare e perderti dietro a pupazzetti e portachiavi.
Non puoi salvarti dal consumismo.
Forse l’unico modo per sopravvivere è chiedere asilo politico su un pullman, ma il mio sembra più un sanatorio orientale, dove tutti tirano su con il naso e mangiano a malapena un onighiri di riso.
Non come me e Marco che sembriamo quelle famiglie meridionali il giorno di Ferragosto.
Agevoliamo la foto:

pullman giapponese

Mia san ci ha pure sgridato perché facevamo casino come due ragazzini delle medie. 😛
Alla stazione degli Autobus ci sono venuti a prendere degli amici giapponesi, compreso uno degli assessori del comune.
Mia san è apparsa alla televisione regionale di Sukagawa perché è riuscita a mettere in contatto questa città con Fara Filiorum Petri, ridente paesello abruzzese.
Questi due paesi hanno la stessa identica festa patronale: le Farchie.
Le Farchie sono dei grossi fasci di canne legati ad arte, manualmente, con rami di salice rosso. Hanno una consistenza di circa 80 centimetri di diametro e circa 8 metri di lunghezza. (fonte Wikipedia)
Vengono poi portate in una piazza e incendiate. Bizzarro come due mondi così lontani con culture differenti abbiano un rito identico. Si prospetta un futuro gemellaggio. (QUI un articolo più approfondito)

Detto questo, siamo stati accolti come delle star.
Ci hanno subito regalato una cassa di fragole che mi sono dovuto portare appresso per due giorni.

“Non saranno radioattive?”
“Marco, cosa vuoi che ti venga? Al massimo potrai ricaricare il cellulare con il sedere”

Poi ci hanno portato in un bar super chic e offerto torte, biscotti stopposi che ti bloccavano il respiro, caffè di riso e un tiramisù.
Improvvisamente è arrivata una tempesta di neve.
E noi eravamo vestiti come se fosse Maggio inoltrato.

“Scusate amici di Sukagawa conoscete un posto dove vendono magliette termiche?”
“Hi!”

E Marco: “Aì è un negozio?”

Speravo non svelassero subito a Marco l’esistenza di Uniqlo, il colosso economico dell’abbigliamento nipponico e invece…Dio mi fulmini.
Appena ha visto tutta quella merce a poco prezzo è impazzito come un gatto famelico davanti a una scatoletta aperta di Whiskas.
Si è comprato un paio di mutande termiche lunghe da vecchio, due magliette estive, degli slip traspiranti e poi ho dovuto minacciarlo di togliergli le vitamine se non usciva subito da quel negozio.
In tutto questo la nostra accompagnatrice ci ha aspettato in auto, manco fosse la nostra serva.
Sukagawa conta circa 80.000 abitanti.
Non c’è più un segno del terremoto del 2011, tutto è stato ricostruito. E’ una città apparentemente nuova, con tantissime case basse, circondata dalle montagne e c’è persino una riproduzione della Bocca della Verità. Quando l’ho fatto notare a tutti, si è aperto un dibattito che è durato per due ore circa.
Mentre Marco non vedeva l’ora di tornare da Uniqlo, che lui simpaticamente chiama “Cleo”, perché non si ricorda mai un nome, siamo stati invitati a casa di un artista, che dipinge su tela samurai e illustrazioni tipiche giapponesi con la tecnica dello stencil.
Che bello fare i lavoretti di classe.

“State attenti perché l’inchiostro è indelebile, potreste macchiare i vostri vestiti”

Cosa facciamo? Partecipiamo ad Art Attack in abiti formali o ci mettiamo in mutande per non sporcarci?
Comunque guardate cosa ho dipinto:

ultraman ukiyo e
Sono o non sono un Ukiyo-e moderno?
A Sukagawa c’è il museo del poeta Basho Matsuo, uno dei più grandi maestro di Haiku.
E’ grosso come un soggiorno, ma è pur sempre un museo.
Ma la vera attrazione di Sukagawa sono le statue di Ultraman disseminate in una delle vie principali.
Me le hanno fatto vedere 2 volte. Prima in auto e poi a piedi.
Agevoliamo le foto:

ultraman sukagawa ultraman sukagawa 2 ultraman statua ultraman mother
A cena siamo finiti in un Izakaya (ristorantino tipico nipponico) molto buono.
Qui di solito i giapponesi “tazzano” come degli alcolizzati senza Dio e finiscono sempre a barcollare in mezzo alla strada.
Ma i mei amici si sono comportati abbastanza bene.
Abbiamo mangiato almeno 8 portate a testa. Sembrava un matrimonio. Poi a fine serata, invece del caffè qualcuno ha tirato fuori un sakè analcolico fatto con il riso.
Ma quello che ho pensato io è stato: “Perché questa signora dal gentile aspetto si è portata dietro una bottiglia di vomito?”

izakaya
Non contenti di averci rimpinzato come le vittime delle strega di Hansel & Gretel abbiamo dovuto passeggiare al freddo e al gelo per rivedere le statue di Ultraman.
Le vene della testa di Marco si gonfiavano ad ogni passo e io non riuscivo più respirare.
Alle 21:40 si è manifestata l’Omotenashi: la tradizione dell’ospitalità giapponese.

“Mi scappa la pipì”

Non c’è problema, piuttosto che andare in un bar, l’assessore ha chiamato un suo amico e l’ha obbligato ad aprire il negozio di dischi con bagno annesso.

“Che bello questo negozio di Ultraman, peccato sia chiuso”

Non c’è problema, piuttosto che aspettare il giorno dopo, l’assessore ha chiamato il padrone, parente del grande regista Eiji Tsuburaya, costringendolo ad aprire il negozio. In più ci ha regalato una ventina di pupazzetti, cartellette, spillette, adesivi a tema Ultraman.

La generosità dell’assessore è infinita

“Vorrei un caffè”

Non c’è problema, piuttosto che convincermi che il caffè in Giappone sia brodaglia sporca, ci ha accompagnato in un “Konbini” (supermercatino aperto 24h) e offerto: sigarette, biscottini, giornaletti, merendine, polpette di riso.
Quando accadono queste cose, l’unica cosa è ringraziare e mettersi in modalità prostituzione.

Caro assessore io e Marco siamo ben lieti di trasferirci a Sukagawa, saremo le sue slave tutta la vita, stia tranquillo non le causeremo nessun danno a livello politico.
Ci intesti solo una casetta e un paio di assicurazioni sulla vita e noi faremo tutto quello che vorrà.
Diventeremo, a seconda dei suoi desideri, sicari, colf o uomini oggetto. Una sola domanda, cosa state costruendo qui in città? Da questa foto non si capisce.
Cordiali saluti “Porti”

tette giapponesi

Il Portinaio


L’ONORE DI AIZU

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A 60 km da Sukagawa c’è la bianchissima città di Aizu.
Bianchissima perché “fiocca” spesso e gli abitanti sono costretti a fare decorazioni colorate da mettere sugli alberi perché escono pazzi con tutta quella neve intorno.
Non puoi neanche chiedere delle lenzuola candide in un negozio che i commessi si mettono a gridare come i matti.
Questa città è nota per la guerra Boshin, una delle storie più tristi del Giappone. I clan dei samurai difesero il feudo dalle truppe imperiali diventando leggende per tutta la popolazione.
Prima tappa il paesello di Ouchijuku, famoso per le antiche costruzioni col tetto in paglia.

ouchijuku
Ma anche per la vendita diretta di gatti morti. 😛

ouchijuku
E’ un piccolo borgo, che si può visitare solo a piedi. Le case sono diventate ormai negozietti di fuffa o ristorantini tipici.
Carina la tradizione di mangiare il ramen con il gambo del porro al posto delle bacchette.
Fa un freddo porco. Ma questo ve l’ho già detto.
Nonostante sia una zona storica anche qui potrete trovare le macchinette per le bibite, cessi pubblici e la zona fumatori. 😛
Vale una gitarella, ma meglio d’estate se non siete attrezzati con piumini e scarpe invernali. Sennò fate la fine mia e di Marco: morti assiderati dopo due passi.
Il Castello di Tsuruga è un imponente feudo bianco che sovrasta tutta la città di Aizu-Wakamatsu.

castello aizu
Bellissima la mostra al suo interno che ripercorre la storia dei samurai che lo difendevano.
La nostra amica ci racconta un po’ di storia di queste terre innevate.
Mia san traduce per noi.

“Ad Aizu c’era il mare, poi terra muove”
“Veramente?”
“Sì, ma tanto tempo fa”
“Tipo all’epoca dei dinosauri?”
“Molto prima, infatti adesso puoi comprare sale”
“Ho capito. Prima dei dinosauri hanno accumulato tanto sale perché c’era il mare”
“No! Ancora più indietro…non c’era…fu il mare”
“????”

E poi è finita a palle di neve davanti al parcheggio.

Marco ha rovinato i suoi occhiali da sole e non può rimanere senza.

“Gabry dove posso comprarli?”
“Quando torniamo a Tokyo se vuoi ti porto alla Vans, ne hanno di economici”
“Che bello c’è Avanzi anche qui!”
“????”

Marco ha scaricato un’applicazione sul cellulare che traduce gli ideogrammi. Nel castello è severamente vietato anche toccare il telefonino, ovviamente lui era lì che cercava di decifrare, senza successo, pergamene ottocentesche con il suo Samsung tutto scheggiato.
Il simbolo di Aizu è Akabeko, una mucca rossa, che viene declinata in tutte le salse.

akabeko
La potete trovare mentre si accoppia con Hello Kitty oppure a forma di salvadanaio, portachiavi, calamita, tazzina, tric &trac, bombe a mano, magliette di Maradona…niente i giapponesi ce l’hanno nel sangue questa cosa del merchandising.
In mezzo alla città c’è il Bukeyashiki.

bukeyashiki 3
Ho chiesto a Mia san cosa fosse.

“E’ casa”
“Di chi?”
“Dei samurai”
“Mi sembra più grande di una casa”
“Villino?”
“Ne avevano di soldi”
“Allora villona!”

bukeyashiki

La residenza Bukeyashiki è una fedele riproduzione di quella originale, visto che era stata bruciata durante la guerra dei Boshin.
Nelle stanze potrete vedere manichini samurai intenti a studiare piani di guerra, bambini di cartapesta che giocano con madri snaturate che si sparano le pose.

bukeyashiki
Quando il clan di Aizu capitolò tutte le donne della residenza, piuttosto che finire in mano al nemico, decisero di uccidersi insieme ai bambini.
Questo evento viene riprodotto in una stanza:

bukeyashiki

Va bene essere fedeli alla storia, ma rattristare così il turista ignorante non è bello. E portateci una gioia.
Sono uscito con una tristezza nel cuore.
Ma la mia guida personale, arrivata direttamente dal comune, mi ha raccontato una bella storiella.
L’anno scorso la città ha vinto il premio per il Sakè più buono del mondo.
L’hanno chiamato Aizu Homare: l’onore di Aizu.
Io e Marco siamo stati trattati come ospiti speciali, perché al comune pensavano fossimo dei famosi giornalisti italiani.
E’ stata Mia san a venderci così. 😛
Ora mi toccherà scrivere un post serio su questa città. 😛

“Stasera dormiamo a terme sei contento?”
“Ho già pronta la macchinetta per la pressione”

L’ultima volta che sono stato alle terme giapponesi sono svenuto, mi ricordo solo che c’erano due vecchi che mi tenevano le gambe alzate e mi guardavano il cazzo!
L’albergo si trova sopra una collina. La vista dalla mia camera toglie il fiato, come quando Marco si sfila le scarpe da ginnastica. 😛
E’ tradizione indossare lo Yukata (la vestaglia con cui si dorme, si mangia e si vive negli Onsen giapponesi).
Gli amici di Mia san ci hanno subito chiesto se indossavamo le mutandine.
Ma per chi ci avete preso? Mica siamo qui a battere.
Siamo comunque un bel gruppo. Non mi ricordo i nomi, ma con noi dorme un signore sulla cinquantina che fuma e guarda la tv.
Poi c’è la signora con i capelli bianchi tanto carina che ci fotografa continuamente e il figlio diciottenne dell’organizzatore delle feste di Sukagawa, aspirante parrucchiere.
Ho provato a parlargli, visto che se ne stava sempre un po’ in disparte.

“Sai l’inglese?”

Mi fa un cenno e capisco “pochino”

“How old are you?”
“????”
“Anni…age…età. Come posso dirtelo”
“????”
“Io ho quattro zero anni, Marco tre cinque…e tu?”
“????”
“What’s your name?”
“????”
“Vabbè facciamo finta di non conoscerci”

Qual è il problema che hanno i giapponesi con la lingua inglese?
La cena è un gigantesco buffet e non vi dico la quantità di cibo che hanno servito e come si sono avventati i clienti.
Pareva un matrimonio del sud.
Gente che si metteva sotto le ascelle tazze di zuppe di miso, ramen infilati in tasca e sushi dietro le orecchie.
Dopo 15 minuti era rimasto solo il gelato e qualche foglia di insalata. Tutto il mondo è paese.
Alle terme l’unica cosa che puoi fare se sei straniero è cercare un Wi-fi libero dell’hotel, guardare i programmi stupidi alla tv o lasciarti lentamente abbracciare dal futon.

“Posso chiederti una traduzione in italiano?”
“Certo Mia san”
“Come si dice in modo cordiale ragazzo verginello?”

Lo sapevo questa ci vuole vendere come schiavi del sesso al clan di Aizu!

Il Portinaio

CHEMICAL BROTHER

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Finalmente primo giorno a Tokyo.
Posso buttare il mio amico Marco in mezzo al delirio, farlo impazzire, aspettare che svenga davanti a una vetrina qualsiasi, rubargli tutti i soldi e spenderli tutti in Kit Kat rosa e verdi.
Potrei usare la maledizione della mia amica Lady Disturbia. (leggete QUI per avere + info)
La pozione è facile.
Prendete un po’ di Fanta all’Uva, mischiatela con dei peli di Hello Kitty, unghie di anziana giapponese, alito di cane e un pizzico di salsa di soia. Mischiate energicamente e aspettate che faccia effetto.
Marco è sclerato definitivamente quando è entrato da Don Quijote, il negozio più famoso di Tokyo, quello che vende tutto, aperto 24 ore al giorno.
Neanche il tempo di distrarmi davanti alle miriade di calzini che il decotto ha dato i suoi effetti.
Marco ha preso il cestino della spesa e ha iniziato a riempirlo di oggetti random.
Prima si è fatto convincere da un commesso che la crema idratante al riso “è cosa buona e giusta”, poi la sua mente ha deciso che il Must Have di quest’anno deve essere il costume da vecchio pervertito con il pannolone.

don quijote
La sua lista della spesa comprende: una serie di liquidi della Shiseido da bere, che in teoria dovrebbero rigenerarti la pelle, del formaggio al the verde, ottimo per colorare le feci di chi è allergico ai latticini,  una riproduzione di un gabinetto, dei mobili dell’ikea tarocchi in miniautira, cereali al the verde con fragole disidratate e polistorolo, un mouse per il computer, un culo di gatto con ventosa da attaccare al cellulare, un pacchetto di Marlboro gusto menta e frutta e un reggi-mento.

poseskeleton wc
Qualsiasi cosa tu gli faccia vedere lui si esalta e grida “Compriamolo”.

don quijote
Forse ho esagerato, mi sento un po’ in colpa.
Le sue tasche sono piene di monetine che cadono costantemente per terra.
Si diverte nelle sale giochi, salta e balla quando passano i camion che pubblicizzano i dischi dei cantanti giapponesi, rimane in trance davanti alle insegne luminose.
La maledizione continua nel triangolo del male Harajuku Omotesando Shibuya.
E via altro denaro che scorre nelle casse nipponiche.

“Gabry posso comprare dei pupazzetti della Marvel?”
“Certo. Puoi fare quello che vuoi. Ma siamo in Giappone che te ne fai di giocattolini americani?”
“Perché Hulk non è giapponese?”

E’ evidente che ho esagerato con le dosi, perché Marco non vuole neanche seguire le regole nipponiche. Non capisce perché non ci siano cestini in mezzo alla strada, perché è vietato fumare e perché tutti fanno la coda educatamente.
Poi quando sente la parola “chotto” che in giapponese significa “un momento” s’incazza, perché in foggiano “ciotto” è l’uomo grasso.
Alle 19:30 l’ho portato a mangiareall’ottavo piano di un palazzo,  in un posto assurdo, dove fanno praticamente solo pollo, con delle sedie a forma di bidone dove potevi infilarci i giubbotti.

bidone
Alle 21:00 ancora in preda alla maledizione ha voluto del sushi in un posto fetido.
Alle 21:15 ho scoperto che si era portato tutti soldi del mese in tasca. Roba che se fosse stato in Italia lo avrebbero accoppato e lasciato per terra a sanguinare.

“Devo comprare la maschera al collagene di Lady Oscar”
“Ma che te ne fai? E’ una truffa, Lady Oscar si vestiva da uomo mica andava dall’estetista”

lady oscar
“Allora voglio le tette finte per palpeggiarmi da solo”

don quijote
“Marco ti serve un tavor!”
“No! Dei semi di zucca, aiutano gli spermatidi a trasformarsi in buoni spermatozoi”
“Cos’hai in mente?”

Vabbè avete capito vero?

Il Portinaio

Ah! Io ho intercettato questo zaino, ma forse è un po’ troppo. 😛

zaino harajuku

E TU COME STAI?

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I supermercati giapponesi sono un piccolo paradiso colorato. Sembrano delle stalle dei Mio Mini Pony.
Il cibo da asporto sembra cucinato per un chihuahua, le etichette sono chiassose e colorate e i biscotti assomigliano a crocchine per gatti.
Ci sono un sacco di pupazzetti, mascotte e adorabili cassiere che ripongono gli acquisti in un cestino che poi la casalinga deve prendere e portare su un tavolo per imbustarlo con calma.
Sul tavolo c’è anche un sapone disinfettante e una spugnetta per inumidire il dito nel caso il cliente non riuscisse ad aprire il sacchetto di plastica.
In questo silenzioso regno arcobaleno puoi udire il mio amico Marco e l’altra nostra compare urlare come delle vaiasse.

“Volete stare zitti!!!!”
“Dov’è il wasabi?”
“E come faccio a saperlo?”
“Sei tu la nostra guida”
“Allora fate così, domani mettete qui uno stand con delle caciotte e urlate per una ragione”

Anche i giapponesi gridano.
Lo fanno fuori dai locali per attirare l’attenzione dei maschi alfa che si avventano nel lussurioso quartiere Kabukichō.
Lo fanno fuori dai negozi per incuriosire timide donne che non sanno se comprare una lametta per i peli superflui o una pacchetto di fazzoletti.
Ho visto un giapponese gridare a un camionista che aveva osato fermarsi con una ruota sulle strisce pedonali, ne ho visto un altro alzare la voce per chiamare i suoi amici ubriachi fradici appesi a un semaforo. Sì, erano appesi. 😛
Nel paese del silenzio, dove le metropolitane sono scatole di divieti e le cartacce te le devi portare a casa vige una sola regola: non disturbare.
Il sistema sociale è così normato che gli occhi delle persone vedono solo una strada: quella che li porta dal lavoro a casa.
Il Giappone è bravissimo a rimbalzare i sentimenti per trasformarli in pietanze al curry da 750 Yen.
Io e Marco siamo stati a Ikebukuro, un quartiere clone di Shinjuku.
Nonostante sia il secondo snodo ferroviario di Tokyo non ha molto senso venire da queste parti, a meno che vogliate visitare Nekobukuro, il locale dove accarezzare i gatti. (QUI un resoconto semiserio)
Perché sono venuto da queste parti?
Ero in missione per un amico.
Mentre cercavo un negozietto ho sentito in lontananza un rumore diverso dal solito sottofondo musicale.
In cuor mio ho sperato fosse Godzilla.
Che bello crepare qui, fra borsine di Hello Kitty e peluche. Il mio corpo verrà polverizzato dal piede del mostro nipponico. Di me rimarrà solo poltiglia, questo blog scritto male e qualche foto su Instagram. (QUI se volete seguirmi)
Mi sono voltato e ho visto correre un ragazzino in evidente stato confusionale. Ero sulla sua traiettoria.
Buttava per terra qualsiasi cosa: cartelloni pubblicitari, dissuasori della sosta, cartonati dei grandi magazzini. Ha preso a calci persino un palo.
Meglio stare lontanto dai giapponesi quando “gli parte la brocca”.
E adesso come mi difendo?
L’unica cosa che avevo in mano erano le 1000 mutande airsystem di Uniqlo che Marco si era comprato.
Quando ha incrociato il mio sguardo il povero pazzo ha cambiato direzione, però ha fatto cadere un altro espositore d’acciaio sopra una persona e poi è scomparso in mezzo al delirio del corso principale.
Il ragazzo colpito è rimasto un attimo a terra, poi si è rialzato con la mano dolorante.
Ogni giorno a Ikebukuro transitano 2,7 milioni di persone.
Nessuno si è fermato.
L’ho fatto io, con il mio giapponese modesto.

“Daijoubu?”

Mi ha accennato un sorriso, quasi commosso. L’asse del rigore giapponese si è piegato per un attimo. Uno spiraglio di sentimento stava per far esplodere un intero quartiere.
Poi temendo di perdere il lavoro da “urlatore” di negozio ha ripreso la sua postura e anche io sono scomparso.

testimoni di geova

“Scusa Gabriele quelli chi sono?”
“Testimoni di Geova”
“In Giappone??????”
“Potremmo suggerirgli di usare i citofoni…così i condòmini inizierebbero a conoscersi” 😛

Il Portinaio

LA STAZIONE DI SHINJUKU

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Pensavo di aver regalato al mio amico Marco il viaggio della vita e invece lo sto facendo impazzire.
Ma la responsabilità non è mia. La colpa è tutta di Tokyo.
Abbiamo sempre fame, beviamo ossessivamente bibite analcoliche piene di coloranti e dai gusti più assurdi e mangiamo un dolcetto ogni mezz’ora.
Il contapassi di Marco indica mediamente più di 20.000 passi al giorno, ma nonostante il nostro lavoro aerobico il girovita non diminuisce.
Ieri abbiamo pranzato in un posto fetido sotto i binari della stazione di Shinjuku.

Uno di quelli dove devi scegliere il piatto davanti a un distributore automatico, entrare con lo scontrino e attendere.
Non ci vuole una laurea in fisica. Infili i soldi, guardi l’immagine, pigi il tasto e il gioco è fatto.
Eppure il cameriere ha avuto da ridire.

“Avete sbagliato”
“Impossibile”
“Tu hai tre scontrini, ma risulta pagato due piatti”
“Senti testina di cazzo, se volevi semplificarti la vita andavi a lavorare in un ristorante normale e non in questi automatici dove dipendi da una macchina”
“Tu pagare terzo piatto”
“No”
“Tu pagare terzo piatto”
“E va bene, però ti scoreggio nel locale”

Quando si fissano i giapponesi sono peggio dei muli.
Dopo 20 minuti e dopo aver disquisito con tutto il personale è tornato a chiedermi scusa. Mi ha ridato i soldi e si è inchinato a 90°.
Te l’avevo che eri una testina di cazzo!
Mangiare a Tokyo costa veramente poco. Puoi cavartela anche con 4 Euro, tranne Marco che è ancora nell’età dello sviluppo e quindi spende 20 Euro.
Per il caffè ci appoggiamo alla famosa catena Doutor o al più tenero Segafredo Zanetti, dove tutti parlano più o meno italiano.
Ma non fatevi ammaliare dai marchi nostrani, perché diciamolo: in Giappone il caffè fa schifo e lo paghi un botto.
Meglio portarsi la moka da casa con qualche confezione di Lavazza.
Poi se siete di bocca buona va bene tutto, anche quello americano dei Conbini che ricorda l’acqua sporca del Mocio Vileda.

GODZILLA shinjuku
Marco non ha tregua. La mattina si sveglia prestissimo, senza lavarsi, corre da Starbucks di fronte alla stazione e si prende le peggio cose: donuts al cioccolato o ripieni di panna, cappuccini di soia al the verde, liquami eccitanti con caramello, poi torna a casa e rimane sul cesso per trenta minuti.
Io devo sempre pisciare nelle bottiglie.
Oggi l’ho portato come al solito da Uniqlo, dove ha chiesto asilo politico.
Qui si diverte con poco: basta lasciarlo in ascensore. Fa i suoi video, i selfie a tutti i piani, si prova delle mutandine e poi di nuovo in ascensore.
Questi i nostri colloqui.

“Schiaccia primo piano”
“Ok”
“Schiaccia secondo piano”
“Ok”
“Schiaccia terzo piano”
“Ok”
“Schiaccia di nuovo primo piano perché è uscita la foto sfuocata”

Non si capacita ancora che all’ottavo piano di un palazzo ci possano essere dei ristoranti.
Quando poi è entrato veramente nella stazione di Shinjuku si è messo a piangere. E un po’ anch’io.
Tokyo andrebbe denunciata per crimini contro l’umanità.
Per uscire da una stazione ci metti 20 minuti, le metro s’intrecciano con i treni che passano di fianco alle case minuscole senza riscaldamento che sono costruite sopra ristoranti puzzolenti dove all’uscita ogni tanto vomitano impiegati costretti a lavorare per 14 ore.
Poi capita che nel delirio un giapponese carino si avvicini e timidamente cerchi di aiutarti.

“Vi siete peRRRRRRRsi”

Ho sentito bene? Ha la erre moscia?

“Scusa?”
“Vi siete peRRRRRRRsi?”

E’ la prima volta che sento pronunciare una erre. Miracolo!!!!

“Vi siete peRRRRRRRRsi?”
“Ho capito!!!! Comunque no…sto solo facendo vedere al mio amico la stazione di Shinjuku”
“Vi siete peRRRRRRRRsi?”
“Va bene che sai usare le erre, però mo’ basta!!!!”

La stazione di Shinjuku ha 132 anni, 200 uscite, 52 binari e 3,6 milioni di passeggeri che la calpestano.

Il Portinaio

 

 

PRESENZE A NISHI-SHINJUKU

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Lo sapevo che non dovevo guardare i film dell’orrore da piccolo.
Me lo diceva sempre mia nonna: “Poi te li sogni di notte”.
Bisogna sempre ascoltare i consigli degli anziani. 😛
Però mia nonna, anche lei, mi faceva vedere solo “Anche i ricchi piangono” e “Rosa Selvaggia” con Veronica Castro.
A Tokyo, io e Marco, viviamo in una casa molto carina, che ha delle scale ripide, talmente ripide che di notte si accendono delle luci di sicurezza arancioni, nel caso ci venisse una voglia irrefrenabile di uscire di corsa per andare a comprare una bibita al melone verde.
Il nostro padrone abita nella stessa casa, ma dopo 10 giorni di permanenza in terra nipponica non ho ancora capito dov’è il suo ingresso.
Qui ci sono un sacco di porticine e anfratti. I mobili sembrano fantasmi che appaiono e scompaiono e l’aria condizionata ogni tanto si accende da sola.
Ieri notte mi sono addormentato presto, mentre Marco guardava la tv.
Alle due e mezza ho sentito un rumore provenire dalle scale. Erano passi veloci, come se uno, con dei calzini di spugna, stesse facendo l’imitazione del balletto di Flash Dance.
Mi sono detto: “Stai tranquillo, il Giappone è il paese più sicuro al mondo”
Poi mi sono ricordato di non aver chiuso la porta a chiave.
E mi sono ridetto: “Ma sì, chi vuoi che venga. E poi cosa mai potrebbero rubarci?”
I passi però si stavano facendo sempre più veloci. La presenza saliva e scendeva dalle scale. Ma vi sempre l’ora di fare ginnastica???
Ho ascoltato. Con la goccina che mi cadeva sulla tempia.

fantasma giapponese
D’improvviso un rumore metallico ha rotto quel soffice camminare.
Vi giuro che ho sentito cadere una sbarra di ferro.
L’anno scorso in Giappone un pazzo con un sega ha aggredito due ragazze del gruppo musicale AKB48, durante un evento musicale.
Ecco ho pensato a questo.
Ci sarà in giro qualcuno che odia gli stranieri, magari ci ha pure pedinato.
Morirò così, senza aver trovato neanche un pupazzetto nuovo per la mia vetrina.
Ci metteranno nel notiziario della sera e forse finiremo in una puntata di Chi l’ha visto.

Mi sono alzato facendo luce con il cellulare e ho iniziato a chiamare Marco dalla porta della camera. Ma quello dormiva bello beato sul divano.
Siccome avevo paura che l’assassino fosse all’ingresso aspettando di colpirci tutti e due nello stesso momento, ho iniziato a parlare sottovoce, sperando che Marco mi sentisse. Ma nulla, russava come cinque carlini con la sinusite.
Qui ci vuole una tecnica sopraffina.
Ho iniziato a tirargli le sue mutande nuove di Uniqlo, quelle con il sistema AIRsm, che fa traspirare gli apparati sessuali e permette alle scoregge di uscire senza lasciare traccia sul tessuto.
Dopo 7 lanci, Marco era ancora lì, immobile, sembrava un bidone della Caritas.
C’è voluta la ciabatta per fargli aprire gli occhi.
Poi armati di Infasil siamo scesi per le scale, ma niente, non c’era nessuno da accecare.

fantasma giapponese
Io ho fatto fatica a riprendere sonno, ma verso le cinque di mattina ho fatto un sogno.
Indovinate chi?
Veronica Castro e il fantasma del film Ju-Oh che giravano libere in casa.
Dallo spavento ho tirato i piedi a Marco che, terrorizzato, ha iniziato a urlare pensando fossi un suo parente morto arrivato direttamente dalla Puglia.
Io e Marco abbiamo due immaginari completamente diversi. Il mio è nippo latino e il suo foggiano mistico.

Il Portinaio

P.S. Io abito qui! 🙂
E se volete seguirmi su Instagram cliccate QUA

tokyo shinjuku

LA DROGA IN GIAPPONE

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Se vi dovessero beccare in Giappone belli fuori a parlare con un albero di Sakura e con le tasche piene di marijuana, ahimè è la fine.
Vi rimandano a casa col foglio di via dopo tre mesi di carcere e in più vi mettono sul passaporto il timbro ospite indesiderato.
Quindi cari Condomìni tossici trovatevi un nuovo stupefacente che non sia deleterio per il corpo e per la vostra fedina penale.

Ho giusto una proposta per voi: i Maid cafè.

Locali molto famosi in Giappone dove al posto di baristi e camerieri tatuati ci sono ragazzine appena maggiorenni che servono ai tavoli ragazzini minorati.
Ci sono andato con un mio amico Otaku.
Ad accoglierci fuori dal bar c’era una ragazza con l’impermeabile, molto contenta di vedere nuovi umani da spennare.
Se sei un verginello, il rito è sempre quello. Arriva Mariko, in abiti da cameriera lolita, con una candelina. Ti parla nella sua lingua con un tono stridulo e fastidioso e poi al tre soffia sulla candelina elettronica.
In teoria c’è il divieto assoluto di fare foto in questi locali perché potresti, non tanto dar fastidio alle intraprendenti lavoranti, ma ai clienti, che hanno paura di essere riconosciuti sui social.

Seduti ai tavoli ci sono:

– uno pseudo killer con i capelli lunghi e il ciuffo biondo, i jeans sbriciolati da un pittbull, gli stivali a punta di Aladino, una maglia a righe nera e rossa e un giubbino di pelle borchiata.
– un nerd che continua a scrivere sul computer.
– un impiegato di mezza età abbastanza elegante
– un altro nerd con la polo verde e gli occhiali fondo di bottiglia.
– due ragazze che non si capisce il perché.
– un ciccio pasticcio con i denti buttati a caso che barcolla ogni volta che si alza dalla sedia.

Le maid sono gentili e attente.
Per chiamarle bisogna fare l’imitazione di un gatto. Basta mettersi le mani a pugnetto sulla testa tipo orecchie e poi urlare “gnam gnam”.
Per i primi cinque minuti ti senti un cretino, ma poi il gioco inizia a farsi interessante.
Perché quelle sono piccoli demoni spillasoldi.
Quando ti portano da bere devi dire una piccola formula magica per rendere la bevanda ancora più buona, quando cantano sul loro palchetto cercano di venderti i bastoncini luminosi, se ti vedono titubante davanti al tuo bicchiere corrono subito a chiederti se vuoi qualcos’altro da bere.
Se poi vuoi partecipare alla piccola lotteria della serata sarai sicuro di avere un premio garantito.
Ovvero:
– una foto con il tuo cellulare con una maid a scelta.
– una polaroid con dedica di una maid a scelta.
– una canzone live di una maid a scelta.
– una bibita che ti verrà portata da una maid a scelta
– un rene di un cliente a scelta. 😛

Io ho vinto la polaroid, poi su un menù ho selezionato la mia ragazza preferita.
E così il gioco continua.
Il povero ciccio pasticcio continuava a spendere soldi in alcolici pieni di ghiaccio e spettacoli live.
E tutti eravamo obbligati ad alzarci e a ballare.
Per il mio amico Otaku, i maid cafè sono degni sostituti delle droghe. Ti mandano in estasi.
Quelle canzoncine penetranti interferiscono con le funzioni cerebrali e hanno lo stesso effetto di un allucinogeno, la situazione di pericolo diminuisce e tu che fai? Continui a ballare e a spendere in cibi zuccherosi e bevande fluorescenti.
Il fascino della maid è letale. Come un trip confonde il reale con la fantasia. Credi di essere amato da lei, mentre invece sta recitando solo un copione.
Il mio amico Otaku aveva aperto un locale gestito da due maid cosplayer. Le sue impiegate ricevevano regali costosi da bizzarri clienti, senza però dare nulla in cambio. Non esiste la formula: regalo = vagina.
Ai maid cafè basta sognare. Poi fa niente se il conto si prosciuga in un mese e tu vivi come una larva in tre metri quadri.
Vuoi mettere l’ebbrezza di sfiorare la gonnella bianca e nera della tua ragazza preferita.
Altro che oppiacei e sostanze inalanti.
I neuroni si sciolgono alla vista delle loro piccole mani che ti portano la birra, il coordinamento motorio rallenta all’ondeggiare dei loro pizzi, il cervelletto va in tilt al solo indossare un loro cerchietto rosa di peluches.
Che cazzo pippate a fare la cocaina, venite qui. E morite d’amore!
Le maid non sono altro che pop idol di serie D, spesso fuori sinc durante il playback e ballerine pessime su coreografie da saggio di fine anno di terza elementare, ma addestrate come assassine senza cuore.
A fine serata il nerd con il computer si è alzato, ha indossato degli occhiali da sole ed è uscito con il bastone da non vedente.
Cosa vi avevo detto? Se non sono ex drogati questi…

Ma dove si trova la droga in Giappone? E che ne so io, mica sono uno spacciatore. 😛
La mia amica, interprete inglese del consiglio degli avvocati giapponesi, mi ha detto che Roppongi è una delle zone più tossiche di Tokyo.
Spesso sono le ragazze che spacciano.
Ci sono quelle che vogliono spillarti i soldi e che ti mettono allucinogeni o sonniferi nei bicchieri, poi non so con quale stratagemma ti obbligano ad andare al bancomat e il gioco è fatto. Ti ritrovi in mutande e senza un soldo.
Oppure ci sono locali molto noti, dove si pippa come dei dannati. Locali talmente noti che la polizia ogni tanto fa delle retate con l’obbligo del test delle urine.
C’è questa storia bellissima, che mi ha raccontato un ragazzo.
Qualche anno fa in una zona di Tokyo controllata dalla Yakuza, la droga si comprava direttamente dalle macchinette, quelle dove scendono le palline con i giochini, solo che al posto del portachiavi di Doraemon trovavi due belle pasticche.
Quanta creatività in questa città. 🙂

Il Portinaio

tempio shinjuku

A proposito di abuso di droghe. Guardate questo video. 0_O

SOLTANTO PER UN DVD

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Oggi ho deciso di tornare sulle mie tracce, anzi no, su quelle della mia amica Piera Lady Disturbia, nota per aver trattato male tutte le commesse del triangolo dello shopping ShibuyaOmotesandoHarajuku.
Una delle cose più belle da fare a Tokyo è perdersi, perché si scoprono quartieri carini, nuove bevande nelle macchinette e soprattutto limited edtion di portachiavi di Hello Kitty. Solo una cosa resta uguale: i supermercatini (Konbini).
Io e la mia amica Piera abitavamo a Tomigaya, fermata Yoyogi Hachiman.
Per rendermi le cose difficili ho scelto di scendere alla stazione di Yoyogi, che voi direte: – vabbè è dietro l’angolo – e invece sta ceppa di minchia.
E adesso dove vado?
I sobborghi di Tokyo intorno ai grandi centri sono un po’ tutti uguali, casine grigie, insegne di ristorantini, vending machine. La vista ti va insieme e ti ritrovi a girare a vuoto.
Fuori dalla stazione avevo tre scelte. Prendo la via di sinistra e vado verso il parco Meiji Jingumae, oppure a destra verso il Yoyogi Koen?
Ma c’è anche quella al centro, l’incognita, magari la più probabile. Dai giochiamo difficile, prendiamo questa.
Questa città conta qualcosa come tredici milioni di abitanti ed è facile incrociare di tutto.
Ho visto un ragazzo con l’alopecia universalis, anziane con tre gobbe, uno senza gambe e un altro che si è strofinato la faccia per quindici minuti. Giuro, sono rimasto fermo a guardarlo.
Sulla strada ho incontrato questo piccolo negozio: Bandit.

bandit shop tokyo

Piccolo regno per i cultori del giocattolo introvabile.
Hanno persino il bambolotto di Macaulay Culkin, quello di Mamma ho perso l’aereo, nella sua versione infante, non tossico. 😛

home alone toys
Quando sono entrato non c’era nessuno. Avrei potuto rubare tutto, uscire di soppiatto e correre come un matto con il mio zaino pieno di Gremlins e Orsetti del cuore, ma siccome sono educato e rispettoso delle loro regole giapponesi, ho solo sospirato davanti alle statuine dei Goonies.
Poi la commessa ha fatto capolino da una tendina e non mi ha nemmeno cagato.
Ma io ho una missione non posso perdermi dietro a bacchette e mostricciattoli.
Dov’è la dimora dove abitavo con Lady Disturbia?
Non mi ricordo più niente.
Dopo 30 minuti mi sono accorto di essere tornato a casa mia.
Uno scemo. Che cazzo di giro ho fatto?
Non contento ho ripreso il treno e questa volta ho scelto la strada a destra. Fanculo il mio sesto senso, mica sono un Cavaliere dello zodiaco.
Ma il destino questa volta mi è venuto in aiuto.
Davanti a me si sono aperti panorami stupendi, beh adesso non esageriamo.
Ho visto solo un centro ippico, tutto pulito, con una signorina addetta a raccogliere la merda dei cavalli.
Di fianco il parco dei Pony, dove tutti i bambini composti facevano la fila per accarezzare quei piccoli equini nervosi. Anche qui c’era una signorina addetta a pulire le minuscole merdine lasciate qua e là.

cavalli giappone
La mia camminata è ancora lunga, la fortuna mi ha fatto incrociare una strada a me familiare. Forse se giro da questa parte ritroverò la via di casa.
Perché all’epoca non ho lasciato dei portachiavini per terra, come facevano Hansel & Gretel?
Gira a sinistra, poi a destra, guarda in fondo. Eccolo il supermercato dove andavamo a fare spese folli!
Finalmente!!!
Ben tornato a Tomigaya mi ha urlato la mia testa.
E’ rimasto tutto uguale.

shiba inu
Sono corso subito a mangiare una bella Tempura, che alle 3 del pomeriggio non può che restarti sullo stomaco per tutta la giornata.
Le cameriere non sono più quelle di una volta, ora ci sono due ragazze addestrate a dire sempre la stessa cosa. Quando mi vedono hanno una specie di sobbalzo. Chi sarà questo baffuto occidentale?
Una si avvicina e inizia a parlare con quel fare servile che urta i nervi.
Faccio segno sul menù e gli dico che non parlo bene giapponese.

Il nostro dialogo è stato più o meno così:

“Buongiorno benvenuto al ristorante Unto e Pesantezza, cosa vuoi da mangiare?”
“Non capisco il giapponese?”
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
“Se ti ho detto che non capisco poi fai tu. Portami il set menù”
“Vuoi anche del riso”
“Ma io preferisco il blu come colore”
“La soia te la mettiamo a parte”
“Lo sai che mia mamma riesce a ruttare l’Ave Maria?”
“Grazie mille per essere venuto nel ristorante la sua comanda verrà evasa subito”
“Ma perché continui a parlarmi in giapponese e non fai uno sforzo con il linguaggio dei segni?”

Il cuoco deve aver capito il nervosismo che mi stava crescendo, perché ha un certo punto l’ha chiamata e le ha detto “Setto Menù”.
E bravo!
Dopo di me è entrato un uomo di colore e nessuna delle due ha avuto il coraggio di portargli il bicchiere di the di benvenuto.
Mentre mangiavo tranquillamente guardando in trance il tavolo sentivo una presenza dietro di me.
Era la cameriera che aspettava che mi girassi per dirmi: “Spoon?”

“Spoon a chi?”
“Spoon?”
“Ti ho detto che non lo voglio il cucchiaio”
“No spoon?”
“No!”
“Fork?”
“Scusa non vedi che ho praticamente finito, non potevi chiedermelo prima?”
“Allora torno a servire ai tavoli”

Il cuoco curioso capendo le nostre difficoltà linguistiche mi ha omaggiato di una ciotola di riso, sorridendo e facendo il segno dell’OK riferito ai miei baffi.
Alla cassa ancora stessa storia.
Lei parla giapponese, io rispondo in inglese, lei di nuovo in giapponese, io in Italiano, lei ringrazia in giapponese e io pure.
E rimane di stucco.
Sono rimasto per più di un’ora nel quartierino dove vivevo otto anni fa, mi sono fatto prendere da romantici amarcord, ho visto cartelli “Most wanted” con la faccia della mia amica Piera Lady Disturbia, ho fotografato tutto, sono tornato nella libreria dove ci fermavamo sempre di sera, ho bevuto un caffè nello stesso tavolo dove facevo colazione, mamma mia che palle e quanta dolcezza! 😛

tomigaya library
Neanche un episodio bizzarro, qui tutto è perfetto. Il rigore giapponese non lo puoi scardinare a meno che…

Cos’è quello oggetto che disturba la mia foto?

yoyogi photo

Cosa sta inquadrando il mio cellulare?

yoyogi

In Giappone nessuno butta niente per terra, i cestini sono stati tolti per paura di attentati terroristici o per ragioni a me sconosciute.
Però i dvd, quelli sì, li puoi lasciare ovunque.

porno giapponese

Il Portinaio


TOKYO GROTESQUE

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La metro di Tokyo chiude più o meno a mezzanotte e i giapponesi corrono come i matti per non perdere l’ultimo treno o coincidenze dall’altro lato della città.
Inciampano, si spezzano i tacchi e cadono, ma come centometristi allenati arrivano alla meta e il loro ritorno a casa è garantito, prima che il mezzo di locomozione si trasformi in una ciotola di Ramen. 😛

Ore 23.51.

La marcia verso il vagone della linea JR Shibuya – Shinjuku è composta e veloce.
Chi prenderà per primo il posto a sedere?
La coda si allunga, eccolo il treno dei desideri, quello che ci porterà verso il cuscino.
E’ pieno zeppo. Si ferma.
Pronti, partenza…aspetta, il vagone davanti a me è vuoto. Perchè?
Si apre, sento già odore di freschezza e non di alito del venerdì sera e di ascella alla soia.
Non entra nessuno.
Fatemi passare scemi, non vedete che gli altri vagoni sono pieni? Perché pressate la gente per entrare di là? Venite con me salary men!
Vabbè io entro, poi non andate a dire in giro che sono petulante, se non volete ascoltarmi cazzi vostri.
Che cos’è questo odore di brodo di miso e bile?
Eppure i treni giapponesi sono abbastanza puliti, hanno anche i sedili riscaldati, ottimi contro le emorroidi. 😛
Perché è tutto libero intorno a me? Cos’è questa sensazione di viscido sotto i piedi?

Cristo! Chi ha vomitato dentro il treno!!!???!!

Ma godiamoci lo spettacolo. Mi sono seduto bello comodo insieme all’unica coraggiosa, una specie di lesbo punk, che faceva la figa perché era la sola orientale che osava starmi vicino.
A uno a uno i pendolari entravano e uscivano schifati, facevano le facce inorridite, si mettevano le mani davanti alla bocca e alzavano gli occhi al cielo.
Poi dalle scale ecco arrivare la ignara nipponica, che con uno scatto felino salta dentro il vagone scivolando sulla chiazza di vomito.
I giapponesi sono noti per fare film di serie Z molto grotteschi e super trash.
C’è una scena di Naked blood del 1995 dove una tipa si frigge la mano e poi se la mangia come una tempura qualsiasi, oppure iconica è quella dell’ onirico e stravagante The deserted reef di Katsu Kanai dove maschi scoreggioni collegano il loro ano con un tubo alla bocca di un altro compare e allegramente fanno un girotondo inalando gas intestinali.
La ragazza caduta nel vomito sembrava uscita da questi bizzarro movie, si dimenava urlando e non riusciva ad alzarsi.
Ovviamente nessun giapponese ha osato avvicinarsi per aiutarla, meglio guardarla soffrire, d’altronde in questa città siamo in tanti e c’è una selezione naturale.
Poi la poverella è riuscita ad alzarsi ed è fuggita in lacrime in bagno, con il suo trench comprato da Uniqlo e tutto pieno di spaghetti e pezzettoni di carne di maiale.
Ho continuato il viaggio guardando da un’altra parte.

Ma dov’ero un’ora prima?

In un karaoke non tanto economico, dove novellini al primo impiego cantavano come disperati il loro ingresso nella società.
Fumavano ovunque, dentro la stanza del karaoke, nei corridoi, poi da trasgressivi buttavano le cicche per terra, tanto ci penserà l’inserviente pagato 1050 Yen l’ora. Così c’era scritto sul modulo di recruiting esposto all’ingresso del locale.
Invece di seguire il testo di Come as you are dei Nirvana guardavo le tecniche di seduzione nipponiche.
Una ragazza completamente ubriaca mostrava le tette a tutti i suoi colleghi, un’altra baciava un ragazzo mettendoci un pochino di lingua, un altro prima di entrare in ascensore appoggiava il suo membro sul sedere di una timida cliente, che disturbata, cercava di mandarlo via con il gesto che si fa per cacciare le zanzare.

Ma dov’ero due ore prima?

Correvo per Shibuya cercando un bar con un bagno pulito, perché finalmente dopo quattro giorni di stitichezza il bambino stava per nascere.
Cosa scelgo? Il noto Doutor con la sua insegna gialla e nera, Caffè Veloce con le sue commesse bipolari o il Segafredo con i suoi errori grammaticali?

segafredo shibuya

Non vi dirò chi ha il cesso più sporco, ma vorrei chiedere a quello che è entrato prima di me come ha fatto a scrivere con il culo sulle pareti. Non perché io voglia emularlo, ma solo perché sono felice che questo paese mi stupisca ogni volta che lo vedo.
Quando i giapponesi si lasciano andare diventano divertenti e creativi, a modo loro.

Il Portinaio

Le illustrazioni del post sono di Mori Chack, famoso dieci anni fa per il suo violento orsetto rosa Gloomy, non tanto più di moda da queste parti.

L’ACQUARIO DI TOKYO (Shinagawa)

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Non è proprio un luogo da visitare, almeno per me, che detesto vedere animali in gabbia o ridotti a fare i pagliacci, ma oggi piove e siccome sto facendo l’accompagnatore in incognito mi tocca trovare un escamotage per rendere piacevole il soggiorno dei miei clienti.

“Sicuri che va bene l’acquario? Potremmo rinchiuderci in qualche Maid Cafè è farci intortare da quelle stupidine delle cameriere”
“No, per noi va bene l’acquario”
“E se andassimo al museo delle scienze? C’è un’area dedicata alla cacca”
“No, per noi va bene l’acquario”
“Ok, però liberiamo almeno i pinguini?”

L’acquario di Tokyo si trova a Shinagawa, una zona che, a detta della mia amica Mia san, è molto carina, perché è meno turistica.
All’uscita della metro c’era un bordello della Madonna, alla faccia del “meno turistico”.
Poi con la pioggia i giapponesi diventano dei potenziali assassini con i loro ombrelli.
Mentre attraversavo l’incrocio ho visto una ragazza dimenarsi come un’ossessa, un passante l’aveva colpita in un occhio.
Una scena horror.

hostel scena occhio
Perché si sa in Giappone quando le fanno…le fanno grosse.
Dopo essermi riparato dentro il centro commerciale che “accerchia” il Prince Hotel ho finalmente visto l’ingresso del fantomatico acquario.
In salita.
Sì, l’ingresso è in pendenza, non so di quanto, ma abbastanza per mettere a dura a prova le gambe.
E non vi dico la gente in coda con i passeggini, che rischiavano di perdere i bambini a mazzi.
Agevoliamo la foto della hall dell’acquario, che sembrava un negozio di articoli usati per l’infanzia.

acquario di tokyo
In effetti questo non è luogo dove puoi vedere pesci e murene, ma una specie di asilo nido per minorenni che latrano come cuccioli di iene affamati.
Dietro la biglietteria c’è la giostra vascello, giusto per farti venire la nausea prima di entrare.
Poi, siccome è primavera, i giapponesi lo vogliono ricordare a tutti con questa installazione stucchevole fatta di rose e petali di sakura.

acquario di tokyo

Neanche nel reparto bomboniere della Grancasa hanno così cattivo gusto!
Il percorso inizia in una stanza piena di monitor che ti raccontano le storie di Nemo e Mobi Dick, continua in un’altra con poveri pesci che devono sopportare proiettori dentro gli acquari, per approdare infine nella zona delle meduse illuminate a giorno.

acquario di tokyo
acquario di tokyo
Ecco la lista dei fastidi (che poi sono maltrattamenti) che devono subire i pesci e i mammiferi dell’acquario di Shinagawa.

1) Il bar
Con i tavolini aquario e i pesci rossi ridotti a guardarti bere bibite e caffè.

2) il delfinario
Appena entri c’è un odore cattivissimo. Tu pensi sia alito di delfino, invece non ha quel restrogusto di colatura di alici, è qualcosa che viene da un altro sistema solare.
Mentre guardi i poveri Flipper costretti a farsi fotografare con i bambini, capisci che la colpa della puzza è dovuta ai chioschetti di fritto e popcorn che ci sono intorno al delfinario, che mischiata all’olezzo di ascella e al sentore marino dell’acqua crea una nube tossica, ahimè immune all’uomo molesto.

acquario di tokyo

3) i pinguini
Sono immobili.

4) Le foche
Hanno gli occhi a palla. Stressatissime e costrette a fare giochi stupidi.

foca

5) Le tartarughe
Secondo me sono finte.

6) Gli acquari
Quello centrale è uno spettacolo pietoso, con la razza che chiede compassione e il pesce sega in stato confusionale.

acquario di tokyo

pesce sega
7) I capibara
Sono i roditori più grandi del pianeta, vivono in Sud America. Qui a Tokyo hanno provato a cercare fortuna, ma sono finiti a farsi fotografare nudi all’acquario.

acquario di tokyo

Cari condomini, se la vostra prossima vacanza sarà in terra nipponica, ricordatevi che in un giorno di pioggia Licia ha incontrato Andrea e Giuliano, se fosse andata all’acquario, sarebbe ancora a friggere okonomiyaki! 😛

Il Portinaio

LA METRO DI TOKYO (Una scusa per parlare di Giappone)

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Ho comprato lo smartphone a mia mamma, così possiamo videochiamarci su messenger o whatsapp e non le viene l’ansia.
Ma ho creato un mostro.
Quella invece di scrivermi, passa le ore a condividere foto di Gianni Morandi, di Padre Pio e dei suoi amici. Non ha ancora capito che deve cliccare “Mi piace”. Usa solo il tasto “Condividi” e la sua bacheca assomiglia più ad un inserto speciale di Famiglia Cristiana.
Qui in Giappone stanno tutti sui cellulari, è un luogo comune.

Drin drin

Scusate rispondo ai miei genitori.

“Ciao dove sei?”
“A Kabul!”
“E che ci fai in Indonesia?”
“ahhaahhaahahahah”
“Senti mi stanno arrivando messaggi da gente che non conosco”
“E tu non accettare”
“Ma sono gentili”
“Ti ricordi che da piccolo mi dicevi sempre di non dare confidenza agli sconosicuti?”
“Ma solo perché avevo paura che ti rapissero”
“Ecco. Con Facebook è la stessa cosa. Potrebbero rubarti l’identità, chiedere informazioni personali, stalkerarti”
“Sciecherarmi?”
“Cambia orecchio!”
“Cosa vuol dire stakkerare”
“Con la L”
“Stakkelale”
“Mà ci sentiamo dopo, ora sono in metro e non posso parlare”

Qui in Giappone non devi fare casino quando sei in metro. È un luogo comune, ma anche una regola di educazione.
Le metro sono ancora piene di cartelli che ti invitano, suggeriscono o impongono di:

1) Non buttarti sui binari se sei ubriaco
2) Non giocare a Candy Crush sulle scale
3) Non prender le scale mobili al contrario
4) Non parlare con la fidanzata al cellulare
5) Non spingere le vecchie per terra mentre guardi le foto su Instagram
6) Non mangiare in metro
7) Chiamare la guardia se c’è un suicida
8) Non parlare con gli alieni
Ho voluto anche provare l’ebrezza di prendere un treno all’ora di punta. I giapponesi sono preparati e in assenza dei famosi “spingitori” iniziano a farlo loro. Così ti ritrovi schiacciato come un pop corn, di quelli che si appiccicano al cinema e che te li riporti a casa.
Non hai modo di muoverti. Sudi, diventi gemello siamese di qualcuno e d’incanto ti ritrovi in ufficio con lui.
Oggi avrò chiesto scusa 4 volte:

“Scusa se ti sto infilando un dito in un occhio, ma tanto scendo alla prossima”
“Scusa se ti sto appoggiando il mio membro sulla coscia, ma mancano due fermate”
“Scusa se sopporto il tuo alito di soia, ma cristo mangiatevi una mentina”

Ho fatto in tempo a fare questa foto. La signora non stava bene.

giapponesi in metro

Per capire la Metropolitana di Tokyo ci vuole un piccolo corso di laurea, ma state tranquilli dopo tre giorni sarà tutto più facile e poi se non volete sbattimenti, domandate al controllore all’ingresso dei tornelli, senza impazzire davanti alla mappa. Basta solo chiedere “Io qui voglio andare qua” e lui come per magia con una calcolatrice vi mostrerà il costo del percorso su una calcolatrice.

metro tokyo

Perché il biglietto cambia a seconda della tratta, a seconda della metro e ogni tanto a seconda dei giorni. Perché ci sono le offerte, tipo oggi: il biglietto giornaliero costa 100 Yen in meno.
Il mio amico Marco, che è sciantosa e non ha capito niente di come funziona questa ragnatela suburbana, preferisce il taxy.
E qui bisogna finalmente spezzare una lancia a favore dei tassisti vintage giapponesi. Non si perdono più. Con l’avvento degli smartphone e dei navigatori riescono a trovare la strada più facilmente, anche se ogni tanto qualche suggerimento devi darglielo.

Drin drin

“Sono tua madre”
“Lo so!”
“Anche io adesso riesco a capire chi mi chiama, perché mi appare il nome sullo schermo”
“Mamma ti ho detto che sono in metro”
“Lo sai che Adriano Celentano mi ha cliccato – Mi piace – sul mio commento?”
“Che felicità…”
“ Ora sto commentando le foto di tua cugina”
“Lo so…ho letto”
“Ma lei non mi risponde”
“Mamma hai scritto – che bell’ufficio che hai – cosa dovrebbe dirti?”
“Almeno grazie”
“Lascia perdere”
“Se non mi risponde la mando affanculo”

In Giappone non esistono tante parolacce. io le vorrei imparare, ma nessuno me le insegna. Però oggi ho visto un passante mandare a cagare un autista perché si era fermato con una ruota sulle strisce pedonali. Ma gli ha proprio fatto brutto.
Uff, perché non ho una GO PRO sulla fronte in questi casi?

metro tokyo

Drin drin

“Figliolo hai controllato chi sono quei signori che mi scrivono?”

Anche da lontano la mia famiglia mi serve su un piatto d’argento stimoli e pettegolezzi.
Una mia parente pare accetti l’amicizia da vedovi e uomini attempati, solo per farsi scrivere sulla bacheca commenti lusinghieri sul suo aspetto fisico ancora piacente.
E siccome sono sicuramente dei sessuomani, vanno in giro a cercare donne di una certa età in cerca di piaceri forti (per la terza età)
Mia mamma ora ha 20 richieste di amicizia. E mio padre è ancora vivo! 😛

Il Portinaio

tokyo metro

Drin drin

“Mi sono iscritta a due nuovi gruppi che mi hanno suggerito – Voglia di – e – Un po’ dolce e un po’ bastarda”
“Mamma ricorda che ho la tua password, potrei rovinarti la vita”
“Cretino me la sono fatta cambiare dalla nuova vicina di casa…fa la poliziotta! Tiè!”
“Mi mandi una foto tua e di papà?”

mamma facebook
Prossima lezione: i selfie!

SHIBAMATA (In Giappone puoi essere libero?)

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Il Giappone è un paese libero?
Me lo sono sempre chiesto camminando da casa al conbini, soprattutto per inseguire il mio amico Marco che non fa altro che deglutire bevande di dubbia provenienza e piene di zuccheri sintetici.
Qui a Tokyo puoi essere quello che vuoi, vestirti come ti pare e piace e ahimè dare sfogo a qualsiasi perversione.
Il mio vicino colleziona mutande. E’ tre giorni che stende solo quelle. Manco una maglietta, uno straccetto, lava solo mutande. O ha problemi di piccole perdite o è un collezionista feticista.
Lo sto spiando, manco fossi un assistente sociale.
Però devo dire che si comporta bene, quando torna a casa ci mette un’ora per parcheggiare l’auto in garage, lo fa in un modo silenzioso e delicato, per non disturbare. Poi resta fermo a guardare i parafanghi, ci passa un panno daino e copre la macchina con un lenzuolo.  Si fuma una sigaretta e guardando nel nulla e alla fine rincasa.
Che carino.
Nel paese delle regole, la sua trasgressione maggiore è accendersi una Marlboro alla menta lontano dalle smoking area e uscire pazzo per l’intimo.
In Giappone c’è la pena di morte.
In Giappone è maleducazione limonare duro con la fidanzata ed è quasi sempre obbligatorio togliersi le scarpe nei camerini dei negozi.
In Giappone è severamente vietato fotografare i passanti e fallire nella vita.
Però dal punto di vista estetico è libero. Ecco. Una cosa bella l’ho trovata

La mia amica Mia San dice però che quando vede la gente vestita “stravaganza” pensa che sono scemi.
Ma siccome è educata non lo dice a voce alta.
Qui Enzo Miccio e Carla Gozzi verrebbero messi alla gogna, in quanto detrattori dell’estetica del popolino con il loro slogan urlato: “Ma come ti vesti!”
Nel Sollevante nessuno ti dice niente.
Allora vestiamoci da pagliacci e usciamo! Finalmente posso mettermi le mie scarpe fluorescenti senza che nessuno cambi strada, i bambini correranno ad abbracciarmi quando vedranno la mia T Shirt di Doraemon da quindicenne.
Voglio vivere qui.
Basta seguire 4 regole: lavorare tantissimo, non soffiarsi il naso, pagare le tasse e non urlare. Sarò invisibile, ma visibile solo per i miei accostamenti cromatici. Sarò silenzioso, ma urlerò al mondo il mio stile.
E cosa succede nei paesini?
Ma chi se ne frega!
Guardate chi ho beccato a Shibamata, un borghetto carino a est di Tokyo, dove tutto sembra essersi fermato a 100 anni fa.

cosplayer tokyo travestito

Non è un’anziana che si sta sistemando i gambaletti, ma è un uomo! Sì, un uomo! Intento a maneggiare i suoi gioielli, perché si vedevano da sotto la gonna. 😛
Shibamata è un piccolo gioiellino, ci sono un sacco di ristorantini tipici, c’è la statua Kiyoshi Atsumi aka Tora-san (attore famosissimo in Giappone)

tora san

c’è il tempio e il museo del giocattolo vintage, che è un po’ una puttanata, ma ricorda la casa delle nonne e se siete sensibili come me vale almeno un giro.

shibamata tempio
museo del giocattolo tokyo

museo del giocattolo shibamata

museo del giocattolo shibamata 2
Io mi faccio un sacco di domande quando sono in Giappone, domande profonde, perché è un paese che ti mette a dura prova.
Ma dietro l’angolo c’è sempre qualcosa che ti fa sorridere.
Come le Vans tarocche cinesi al gusto di anguria! 😛

scarpe anguria

Il Portinaio

ESCORT GIAPPONESI

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Ieri sera io e Marco siamo finiti “in uno dei peggiori bar di Tokyo”.
Ci siamo finito per caso, lo giuro.
Che poi dire peggiori è una parola grossa. Diciamo che assomigliava al salotto di mia nonna, però più sporco. 😛
Con quell’odore di stantio, il barista anziano e sdentato e i clienti con l’aria da maniaci sessuali.
Eravamo in quattro, clientela selezionatissima, di cui uno molto gentile che ci ha invitato a bere.
Kabukichō è una zona biricchina di Shinjuku, praticamente un dedalo di locali assurdi e senza valori morali. 😛

“Scusate abbiamo sbagliato bar”
“Voi venire dentro”

(Ovviamente sto interpretando quello che capivo)

“La ringrazio per la sua disponibilità, ma sto cercando un bar che si chiama…”
“Io offro da bere”
“Alcol?”
“Fiumi di alcol!”
“Allora caccia il secchiello nonno, che ti faremo vomitare!”

Un altro luogo comune sui giapponesi è che non reggono i superalcolici e quando sono fuori con gli amici o i colleghi perdono ogni dignità.
Lo yakuza che ci ha invitato ad entrare nel minuscolo baretto è un signore sulla mezza età, con dei denti rimessi a nuovo e la bava alla bocca. Ovviamente non è uno yakuza, ma io ho sempre avuto questa fantasia di incontrarne uno.
Sbiascica. E’ già bello tazzato.
Ci fa accomodare al bancone e nel frattempo ci intrattiene con un monologo incomprensibile.

“Vuoi Shochu?
“Non so cosa sia”
“Vuoi Shochu?”

Meno male che Marco ha sempre in tasca il suo pocket wifi.

Dopo aver “googlato” questo liquore ottenuto dalla fermentazione di riso, patata dolce, zucchero di canna e grano, decido di assaggiarlo sperando non sappia di acqua di Mocio Vileda.
Devo dire che non è male. Ricorda vagamente la nostra grappa, ma proprio vagamente.
Dopo tre sorsi, il nostro benefattore ha iniziato a trasformarsi in un orologio a cucù.
Si perché stava zitto, poi si addormentava di colpo e all’improvviso tirava fuori la lingua.
Comunicare è impossibile.
Nel frattempo il barista ci ha deliziato con i depliant di prostitute a pagamento, tutte vestite da scolarette e lolite.
Dice che a lui piacciono giovani.
Dove siamo finiti??????
E non posso neanche inventarmi la scusa di portare giù il cane o della zia che sta morendo.
Magari questi ci vogliono fare ubriacare e poi vendere al mercato nero parti del nostro corpo.

“Io lavoro nella televisione”
“Interessante. E cosa fa?”
“Io produttore televisivo”
“Se vabbè. E io faccio la ballerina alla Scala”

Non è facile trovare argomenti con un giapponese alcolizzato e che parla come se avesse uno straccio in bocca.
Con i gesti puoi arrivare giusto a tre o quattro discorsi, ma poi sono silenzi e lunghe bevute.

“Cosa fare di lavoro?”

E ora cosa gli rispondo?

“Cosa fare di lavoro?”

Forse meglio chiedere consiglio al mio amico Marco.

“Secondo te è meglio dirgli che siamo dei web designer o dei semplici scribacchini?”
“Web designer”
“Oppure che facciamo le guide per il Giappone?”
“Guide”
“O gli accompagnatori?”

Marco dopo aver pensato a lungo nella sua testa (cinque secondi) ha preso parte al discorso non sense, rispondendo in modo pacato e gentile alla domanda del vecchio bavoso.

“Siamo Escort!”

Si sono girati tutti.
Tokyo avrà milioni di locali e noi dove siamo finiti? Nell’unico frequentato da un maniaco bisessuale amante dei ragazzini.
Ha iniziato a tirare fuori banconote da 10.000 Yen manco fosse un bancomat.

“Non siamo escort, il mio amico voleva dire che accompagniamo la gente in giro, ma non in Motel”
“70.000 Yen?”
“No!”
“90.000 Yen?”
“Nonno mica siamo a – Ok il prezzo è giusto!”

Per una prestazione da un’ora una ragazza giapponese prende circa 20.000 Yen, per 5 ore 80.000 mentre per 10 ore arriva fino a 162.000 Yen.
Potete sceglierle sul tablet, con tanto di foto e aggiungere degli ingredienti extra come nella pizza.

escort giapponesi

Farsi fare la pipì addosso costa solo 2000 Yen in più, il pompino di benvenuto protetto 4000 e vederla agghindata come una coniglietta in calore appena 1000.
Il sito potete visitarlo QUI (mi raccomando lontano dalle vostre fidanzate!)

Il Portinaio

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